Paolo Gubitta *
Una delle caratteristiche del passaggio generazionale a cui non si presta sempre la dovuta attenzione è che si tratta di un processo che non può non creare tensioni.
Quando si trasferisce la funzione imprenditoriale si alterano gli equilibri dentro la famiglia. Con la scelta del nuovo leader si soddisfano le aspirazioni di una persona, ma se gli eredi sono più di uno è inevitabile che per gli altri l’esito della staffetta sia meno appagante.
Tensione non vuol dire conflitto. Se il processo di selezione è stato condiviso e viene gestito in modo professionale, gli esclusi se ne faranno una ragione.
Alcuni accetteranno ruoli di direzione funzionale o di unità di business e si metteranno a lavorare alle dipendenze gerarchiche del leader. Non ci saranno conflitti, se l’impresa svilupperà un modello di governance capace di tutelare i legittimi interessi di tutti i proprietari, indipendentemente dal loro ruolo in azienda.
Altri, pur riconoscendo che le doti del leader scelto sono le più adatte per guidare l’impresa, preferiranno lasciare l’azienda di famiglia per sperimentarsi in ruoli imprenditoriali all’esterno. In questo caso, la tensione potrebbe derivare dalla necessità di liquidare il familiare-socio. Ma se l’impresa è stata gestita in modo trasparente e se il nuovo leader è il più adeguato per davvero, non ci saranno problemi a trovare operatori finanziari disponibili a entrare nel capitale di rischio, evitando così conflitti tra familiari.
La situazione peggiore si presenta quando la staffetta generazionale avviene nella più completa stazionarietà, perché vorrebbe dire che il nuovo leader è in realtà un prestanome, un erede così ingenuo da non aver capito di essere stato nominato generale senza truppa.
Un livello minimo di tensione è un segno di vitalità e di garanzia per la continuità dell’impresa.
* Direttore scientifico Area Imprenditorialità Fondazione CUOA
[…] Cuoaspace.it, scritto da Paolo Gubitta, Direttore scientifico Area Imprenditorialità Fondazione CUOA (20 […]
Tutto quello che e’ scritto e’ vero pero’ nella teoría. In realta’ piu’ che la preparazione técnica-conoscitiva del lavoro il lavoro del Leader fondatore di una impresa e’ quello di formare i proprio fmigliari che partecipano al lavoro come dipendenti ai vari livelli. Scegliere con anticipo il sucessore a voltee implica scissioni lavorative all’ interno delle aziende ma impedisce guerree fraticidre e sopratutto si ha il tempo di passare le consegne in un momento nel quale il leader fondatore ha ancora le redini della societa’. In questo modo si evitano i grossi problemi o l’ intestazione al Prestanome che non si accorge della guerra che si sta svolgendo alle sue spalle e che non si rende contó che il vincitore lo ” accoltellera” alla prima occasione. Questa e’ la parte piu’ difficile e complessa da parte di un leader fondatore che ha sempre lavorato con un sistema, si e’ adeguato ai cambiamenti, ma avendo fondato l’ impresa nel periodo precedente o appena sucessivoi alla seconda guerra mondiale ha una formazione di base differente e valori che oggi difficilmente troviamo nel mondo del lavoro. Oggi premni produttivita’, aiuti a chi ne ha piu’ bisogno e sopratutto possibilita’ di carriera dal basso sono parole che non esistono quasi piu’. Tutto e’ produttivita’/denaro. Il resto non conta e questo porta ad un isolamento personale di ciascuno di noi, a false amicizie di cómodo e a tutti gli eccessi che vediamo giornalmente in radio e tv.
Apprezzo molto la chiarezza e linearità dell’articolo e sottolineo come, in merito al processo di trasmissione della leadership, ci si trovi a trattare una vera e propria trasmissione di potere: ciò comporta l’implicazione, accanto a quelli finanziari-economici, di tutti quegli aspetti soft relativi a relazioni e comunicazione, che devono parimenti richiedere una accurata indagine, esplicitazione e negoziazione per garantire il successo del passaggio.