Andrea Furlan*
Quali sono le caratteristiche e i comportamenti “ideali” di un buon leader? Questa e simili domande hanno guidato per lungo tempo una intensa attività di ricerca che ha prodotto una quantità infinita di contributi. Uno dei più conosciuti libri che trattano questo tema è “Good to great” di Jim Collins che introduce il concetto di “level-5 leadership”. Secondo l’autore, i “level 5” leader presentano una combinazione peculiare di profonda umiltà e incrollabile volontà. Sono ambiziosi non per se stessi ma per l’impresa dove lavorano. Si occupano di formare e preparare i “5 level” leader che li sostituiranno e sono modesti, non personalità eccentriche o desiderose di stare sotto i riflettori. Sono guidati da una volontà incurabile di produrre risultati sostenibili e adottano e pretendono una ferrea disciplina nella vita e nell’ambiente di lavoro.
Questa intensa pubblicistica lascia però sullo sfondo una domanda centrale sulla leadership:
come dovrebbe prendere le decisioni un buon manager o un buon capo?
Il pensiero diffuso è che un buon capo è bravo a prevedere il futuro, a individuare le opportunità e a sviluppare dei piani dettagliati per trasformare le opportunità in successi effettivi. Molte volte però l’assunzione di scelte strategiche segue strade alternative.
Poco tempo fa mi trovavo in una multinazionale che produce pompe idrauliche e il COO (Chief Operating Officer) mi raccontava come una delle loro innovazioni strategiche più importanti fosse stata frutto del caso. Qualche anno addietro un importante cliente aveva richiesto un ordine speciale di prodotti che non potevano utilizzare l’impianto di lavaggio esistente in quanto troppo piccolo. La ferrea volontà di soddisfare il cliente a ogni costo aveva costretto l’organizzazione a ripensare profondamente il processo produttivo eliminando la fase di lavaggio. Grazie alla eliminazione di questo processo, e ai vincoli ad esso associati, il management si rese conto che l’impianto era in grado di produrre una serie molto più ampia di prodotti e questo permise all’impresa di aumentare notevolmente la sua offerta sul mercato.
Ma la comunità scientifica cosa ha da dire a proposito della relazione tra leadership e lean?
Per molto tempo la discussione si è concentrata sui tool (kanban, SMED, poka yoke, jidoka, etc) lasciando sullo sfondo gli aspetti più “soft” della leadership e dell’organizzazione. Recentemente però ci si è resi conto che strumenti efficaci, senza una buona leadership, non producono risultati sostenibili e anzi possono essere dannosi. Con le parole di Jim Womack “a good hammer with a carpenter with some really bad ideas is not going to produce a lot of value!”.
L’aspetto centrale dell’insegnamento del Toyota Production System è la ferma convinzione che il metodo scientifico del plan-do-check-act sia alla base del miglioramento continuo alla gestione di impresa. Spesso però la dimensione scientifica dell’impianto lean non è al centro del pensiero e dell’azione del management soprattutto per le decisioni strategiche. Molte volte i capi procedono in modo emergente senza adottare nessun metodo e facendosi guidare dagli eventi che via via accadono. In altri casi, capi visionari adottano piani di lungo periodo e impongono le proprie soluzioni dall’alto senza avere cura di cosa succede nel genba. Nessuno di questi due approcci è in linea con il “Toyota way”.
I lean manager dovrebbe adottare il metodo scientifico come guida per ogni sua decisione. La scienza procede per esperimenti. Si individua un problema, si fanno delle ipotesi per risolvere il problema, si testano le ipotesi con i dati reali e, se le ipotesi sono verificate, si procede a standardizzare il contributo alla conoscenza. L’approccio scientifico alla leadership è molto diverso dall’idea tradizionale del capo con tutte le risposte alle quali ci possiamo sempre affidare per portarci fuori dal guado. Per il lean manager non esiste una soluzione prima che un esperimento sia effettuato e un nuovo standard creato nel caso l’esperimento dia esito positivo. Secondo la filosofia lean così dovrebbe funzionare una organizzazione a tutti i livelli, anche i più alti.
Secondo l’approccio scientifico, la leadership non è quindi questione di tratti personali del leader.
Un buon leader non è una persona con particolari doti di intelligenza o di capacità analitica superiore alla media. La leadership è un processo e come tutti i processi dovrebbe essere condotto secondo uno spirito scientifico che non da per scontato delle scelte e anzi esplora le varie possibilità adottando un approccio “laico” basato su dati e fatti. In conclusione, tutti possiamo essere buoni leader nella misura in cui le nostre azioni e le nostre decisioni siano guidate da una genuina applicazione del metodo scientifico.
*Referente scientifico CUOA Lean Enterprise Center
Professore Associato di Economia e Gestione delle Imprese, Università degli Studi di Padova
“Sviluppare la leadership per fare la differenza” sarà il tema centrale del Lean Society Forum 2013, che si terrà il 19 e 20 novembre presso la Fondazione CUOA, ad Altavilla Vicentina.
Interverranno come keynote speaker alcuni tra i più noti esperti di Lean leadership e Lean strategy a livello internazionale e nazionale: Peter Hines, Patrick Graupp, John Drogosz & Luciano Attolico.
Maggiori informazioni su programma e modalità di partecipazione disponibili su www.leancenter.it
Certamente il metodo scientifico è importante nella vita di un’azienda e magari fosse applicato maggiormente, credo però che dovrebbe essere sempre sottoposto al giudizio ed al buon senso dell’individuo e non essere applicato in modo meccanicistico.
Del resto, il padre dell’economia aziendale, Gino Zappa, sosteneva che l’azienda è un’istituzione economica creata dall’uomo per soddisfare i bisogni umani; per raggiungere l’efficienza economica quindi il metodo scientifico è ottimale, ma l’azienda è anche un sistema aperto all’ambiente che crea e riceve valori, fattori difficilmente misurabili in modo quantitativo, il leader quindi non può essere ridotto unicamente ad un processo impersonale ma deve saperli interpretare adeguatamente per orientare la strategia dell’impresa in sintonia con l’evoluzione dell’ambiente, il solo modo per garantirne il successo nel lungo periodo.
“Secondo l’approccio scientifico, la leadership non è quindi questione di tratti personali del leader.”
Mi trovo decisamente in disaccordo con questo punto. Credo che la quotidianità dimostri l’esatto contrario.
Ritengo il metodo scientifico fondamentale nell’approccio alla gestione, ma lo ritengo anche uno degli elementi.
Restando in ambito lean, uno dei due padri del metodo, l’ing. Shigeo SHingo, nel su “A Study of the Toyota Production System from an Industrial Engineering Viewpoint”, dice chiaramente (mi sembra tra le conclusioni, ma l’ho letto da quasi dieci anni) che quanto lui dice è assolutamente valido per il Giappone ma che lui ritiene fondamentale considerare la cultura dei diversi paesi nel pensare l’applicazione del metodo.
La cultura (non solo del paese, ma anche a volte della singola azienda) è un aspetto soft che può invalidare o rendere molto efficace un approccio scientifico alla leadership.
Quel che voglio dire è che secondo me i fattori che rendono più o meno valido un leader sono molti e non tutti misurabili (e quindi gestibili con il metodo scientifico).
E’ chiaro comunque che la base di una buona leadrship è comunque un buon leader.
E’ impossibile ottenere performance con il metodo scientifico se la persona che dovrebbe diffonderlo ed utilizzarlo non ha doti che si sposano con tale metodo, così come è impossibile una leadership carismatica con un leader senza carisma.
In definitiva, in my humble opinion, la leadership è un campo troppo complesso e variegato per pensare che ci sia un solo modo eccellente di esercitarla.
Grazie per i commenti che sollevano effettivamente aspetti importanti sulla leadership e in particolare l’importanza delle doti personali del leader e il fatto che la leadership non sia riducibile a un processo ancorchè scientifico. Leggendo i commenti mi sono reso conto che effettivamente il breve contributo poteva dare adito a delle incomprensioni. Certo le doti personali aiutano. Certo una personalità carismatica crea più consenso (almeno nel breve). Certo una persona visionaria vede cose che altri non vedono e quindi sarà più svelto e bravo a cogliere delle opportunità. Etc. Tuttavia, quello che volevo enfatizzare nell’articoletto è che la leadership può anche essere sviluppata e allenata attraverso l’applicazione del metodo dell’approccio scientifico. Mi sembra sia molto utile il libro di Liker “The Toyota way to lean leadership” che approfondisce questo aspetto mettendo in eivdenza come il Toyota way allo “sviluppo” della leadership avvenga attraverso genchi gembutsu, su ha rhi, risoluzione di problemi reali, applicazione del PDCA, kaizen etc. Grazie comunque dei contributi che mi hanno fatto ulteriormente riflettere su questo complesso e vitale tema. Andrea