Diego Campagnolo *
L’Area Executive Education della Fondazione CUOA ha condotto un’indagine per comprendere le esigenze formative di imprenditori, manager e professionisti legate allo sviluppo del business internazionale.
I dati della ricerca CUOA mettono in evidenza alcuni aspetti interessanti relativi ai processi di internazionalizzazione delle imprese del territorio. Sorprende solo fino a un certo punto il fatto che l’84% delle imprese rispondenti dichiari di avere in corso attività con i mercati esteri, a conferma della vocazione internazionale dell’area di riferimento. Se si tiene conto che il 38% sono imprese di servizi, è positivo il fatto che anche buona parte di queste abbiano attività internazionali, nonostante tradizionalmente esse siano più legate ad attività locali.
I dati sulla quantità di export e sulla diversificazione dei Paesi in cui le imprese esportano, se letti trasversalmente, mettono in luce la scarsa dipendenza da un unico mercato (anche il dato più alto, ovvero il 45%, fa riferimento a un insieme di Paesi e non a un singolo Paese). Questo consente non solo di cogliere le opportunità di mercati diversi, ma anche di ripartire il rischio che necessariamente deriverebbe dalla dipendenza dalle condizioni economiche, sociali e politiche di un unico Paese.
Il dato sull’attrattività dei mercati conferma, fino a un certo punto, l’importanza delle cosiddette economie emergenti (Brasile, Russia, India e Cina) e, allo stesso tempo, segnala la crescente importanza di nuove aree geografiche.
Appaiono altrettanto interessanti i dati sulla presenza diretta all’estero e sulle modalità con le quali le imprese intendono affrontare i mercati esteri, ovvero attraverso una vendita diretta e con subsidiary locali che il 42% delle imprese dichiara di avere già (di tipo produttivo, commerciale o di rappresentanza). Questo dato sottolinea il fatto che l’efficacia dei processi di internazionalizzazione, almeno per alcuni mercati, passa dalla presenza diretta, che consente non solo di cogliere appieno i vantaggi di quel mercato, ma anche di avere una conoscenza più profonda delle istituzioni del luogo e dei suoi aspetti culturali. In un contesto competitivo come quello attuale la conoscenza di questi aspetti, la valorizzazione delle differenze e delle similarità rappresentano un tratto essenziale per poter impostare strategie di internazionalizzazione con maggiori probabilità di successo sia nei confronti dei potenziali clienti o fornitori esteri, che per gestire efficacemente i collaboratori che operano presso le consociate estere.
L’ultimo dato che emerge dalla ricerca appare a mio avviso il più rilevante. Il 66% delle imprese ritiene di avere un gap di conoscenze rispetto alla capacità di affrontare i mercati internazionali. Se comparato con la percentuale di imprese che dichiarano di avere già attività di internazionalizzazione e/o sviluppo estero e con il dato sulle aree tematiche nelle quali le imprese si sentono più carenti (strategia, scelte organizzative, marketing, valutazione dei rischi e gestione interculturale delle risorse umane), esso mette in evidenza che i processi di internazionalizzazione sono trainati dalle opportunità di mercato, ma che non sempre esiste una progettazione strutturata rispetto alle scelte di internazionalizzazione. Sto scrivendo questo commento da Guangzhou, area che ha vissuto una forte espansione industriale (anche da parte di imprese italiane) e che oggi è soggetta addirittura a processi di delocalizzazione verso l’interno della Cina (o di rientro verso il Paese d’origine), alla luce dei cambiamenti nel contesto istituzionale che la interessano (ad esempio, l’aumento del costo del lavoro). Paesi come la Cina rappresentano tutt’oggi opportunità interessanti per sfruttare vantaggi di costo (destinati a essere sempre più temporanei) e, soprattutto, per cogliere la crescita del mercato di sbocco. Se il secondo aspetto non prevale sul primo, la sola ricerca di vantaggi di costo può non essere più elemento sufficiente per entrare in questo Paese. È fondamentale in questo senso farsi cogliere preparati attraverso una attenta valutazione delle opportunità e delle minacce esterne e delle risorse disponibili internamente. Tutto questo si può fare con strumenti di analisi e di valutazione (preliminari) o di gestione (durante l’esecuzione delle scelte di internazionalizzazione).
I processi di internazionalizzazione sono caratterizzati oggi da una complessità crescente sia esterna (i Paesi esteri hanno tassi di cambiamento di mercato, istituzionale e tecnologico sempre più elevati), che interna (per la gestione di esigenze di coordinamento delle imprese multinazionali). Non affrontarli con adeguate competenze manageriali rischia di compromettere in maniera irreparabile i risultati dei processi di internazionalizzazione stessi.
* Direttore scientifico International Training Map, Fondazione CUOA