Intervista a Davide Gaeta, Docente corso CUOA in Gestione delle Aziende Vitivinicole della Fondazione CUOA, a cura di Studio Cru
Davide Gaeta è una figura centrale nel marketing vitivinicolo italiano. È Professore di Economia dell’impresa Vitivinicola, Politica Vitivinicola ed Economia dei Sistemi Agro-alimentari presso le Facoltà di Economia ed Enologia dell’Università degli Studi di Verona. Ha ricoperto ruoli in alcune delle principali istituzioni del sistema vitivinicolo comunitario e nazionale ed è ora al vertice, con Michele Zonin, della Chianti Classico Company, la società che gestisce il brand gallo nero. È titolare anche di un’azienda agricola in Valpolicella, la Eleva, che produce amarone. Competenze ed esperienze che porterà nel modulo in Marketing nel settore vitivinicolo del Corso in Gestione delle Aziende Vitivinicole al CUOA. Lo abbiamo intervistato.
Brand aziendale e denominazione. Quanto conta il primo e quanto la seconda?
Direi che il territorio è imprescindibile, anche se bisognerebbe fare una distinzione: c’è il vino e ci sono le bollicine. Per le bollicine il territorio aiuta, ma può non essere fondamentale. Ci sono casi di aziende di grande successo, ad esempio Berlucchi e Ferrari, con una connotazione territoriale quasi ininfluente. Per tutto il resto del vino non è così: la denominazione è fondamentale.
I casi di successo hanno sempre una denominazione territoriale forte alle spalle e chi opera in tali denominazioni ha tutto l’interesse ad utilizzarla e contribuire, con il proprio lavoro, a valorizzarle.
E chi si trova in una denominazione debole?
Dovrebbe lavorare, sinergicamente con gli altri produttori, per elevarne il valore.
Eppure si sta assistendo ad un continuo abbandono delle denominazioni. Molte aziende di medie dimensioni ritengono sia più proficuo produrre IGT o addirittura Vino da Tavola e puntare a creare il valore aggiunto solo attorno al proprio brand. Come la vede?
Sbagliano. Nessuno in Italia ha dimensioni sufficienti per competere sui mercati globali con il proprio brand. Va bene finché l’azienda si rivolge ai mercati locali, ma nel momento in cui esce all’estero l’investimento deve essere fatto per un ancoraggio territoriale. Altrimenti non si riuscirà mai a superare la sindrome da nanismo che affligge le nostre aziende.
Ci sono stati però in passato esempi illustri, come Gaja.
Sono casi isolati. I grandi gruppi come Zonin, Antinori o Giv hanno invece capito il valore delle denominazioni sui mercati globali. Gli Italiani litigano nelle assemblee di condominio, figuriamoci se riescono ad andare d’accordo per la governance dei Consorzi di tutela. Raramente si riesce a comprendere che l’interesse del singolo può favorire quello del gruppo.
In che senso?
Ci sono aziende più in vista e più dinamiche che dovrebbero essere aiutate a fare breccia nei mercati. Dietro a queste si possono inserire tutte le altre, con sinergie utili a tutti. Sono le locomotive che trainano tutti i vagoni di un territorio. Consorzi e istituzioni dovrebbero aiutare ad emergere le aziende con più chances, invece si tende a privilegiare una pseudo-democrazia che rischia di portare al livellamento.
Di cosa parlerà nelle sue lezioni del corso in Gestione delle Aziende Vitivinicole al CUOA?
Cercherò di tradurre i teoremi del marketing in casi concreti simulati e riprodotti in aula, prendendo spunto dall’esperienza di trent’anni di vita professionale in quest’ambito. L’intento è quello di predisporre gli attori della filiera del vino a dialogare tra di loro in ottica sinergica.
Sarebbe un traguardo molto importante per gli imprenditori vitivinicoli.
Non solo per loro. Questo corso è utile anche ad altre figure come addetti marketing, commerciali, fornitori di servizi e tutti coloro che sono coinvolti in questo mondo, in cui la formazione è spesso stata sacrificata. Un corso prezioso anche per i responsabili dei consorzi di tutela, figure centrali per la gestione di una denominazione e che spesso si sono trovati in ruoli per i quali non avevano un’adeguata formazione.
Corso in Gestione delle Aziende Vitivinicole della Fondazione CUOA