A cura di Paolo Gubitta *
Tutte le aziende nascono piccole. Ce ne sono alcune che, pur rimanendo di dimensioni ridotte, riescono a realizzare «grandi imprese», cioè a distinguersi sul mercato, smarcandosi dalla concorrenza e ottenendo brillanti risultati in termini competitivi, economici e finanziari. Una ricerca condotta dalla Scuola di Politica ed Economia di Confartigianato Vicenza (disponibile in libreria da metà autunno 2013 per i tipi di Franco Angeli) ha messo in evidenza i tratti distintivi dei Piccoli protagonisti di «grandi imprese», in termini di abilità, aree di investimento e decisioni strategiche.
Tra le abilità che hanno avuto maggiore impatto sui buoni risultati dei Piccoli spiccano l’affidabilità e la versatilità dell’imprenditore, ovvero la sua capacità di saper stare sul pezzo, di rispondere alle attese dei diversi interlocutori interni ed esterni, di essere efficace anche in situazioni di sovraccarico (per il troppo lavoro o, come succede nei periodi di crisi, per le tensioni e le decisioni rapide e pesanti che si devono prendere quando il lavoro non c’è).
I Piccoli che vanno bene sono quelli che hanno concentrato i loro investimenti nei “processi interni”: hanno attivato interventi per ottimizzare le attività core dell’impresa (per renderle più efficienti, o più flessibili, o per ripensarle completamente), hanno introdotto sistemi per migliorare la gestione quotidiana (da riprogettare una procedura a standardizzare attività ripetitive), hanno inserito o consolidato i meccanismi operativi per il controllo di gestione. Questo dato è un bel segnale per mettere a fuoco le ragioni del successo. I Piccoli che vanno bene sono quelli che funzionano bene. Siamo pertanto di fronte a realtà guidate da imprenditori, che prima di fare voli pindarici in termini di strategia o mercato, hanno messo in sicurezza i processi interni, ribadendo che il successo non si improvvisa mai, ma si costruisce con la buona gestione.
Passando alle decisioni strategiche, la ricerca ci dice che i successi dei Piccoli sono presumibilmente dovuti alla capacità e alla volontà dell’imprenditore di sfidare il mercato e i concorrenti, provando a dire la propria per anticipare le mosse altrui e smarcarsi, anche al costo di alzare i toni del confronto competitivo e senza scendere a compromessi per raggiungere i propri obiettivi. Quando le imprese si comportano in questo modo, vuol dire che l’imprenditore e la sua squadra hanno un adeguato grado di consapevolezza dei propri mezzi e delle proprie competenze. Avere un quadro preciso di ciò che si è e si sa fare permette di calibrare le strategie e di essere più efficaci. A volte, infatti, è proprio questa consapevolezza che spiega il ritirarsi da certi mercati (di prodotto, di posizionamento o geografici) per spostarsi in contesti nei quali si può massimizzare il valore delle risorse materiali e immateriali possedute. Il modo migliore per avere il polso delle proprie competenze è ritornare un po’ a studiare: La Mia Impresa è il percorso formativo per i Piccoli pronti per farlo.
* Direttore scientifico Area Imprenditorialità della Fondazione CUOA, Professore straordinario di Organizzazione aziendale e Imprenditorialità, Università degli Studi di Padova