Intervista a Michele Ugolini, Allievo Corso CUOA Gestione delle Aziende Vitivinicole della Fondazione CUOA, Direttore Vendite della Cantina Colli Vicentini. A cura di Studio Cru
Michele Ugolini è il Direttore Vendite della Cantina Colli Vicentini, cooperativa agricola con sede a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza. I numeri sono di quelli importanti: 1.500 produttori del territorio, che conferiscono le uve di oltre 2.000 ettari coltivati a cavallo di diverse DOC: Gambellara, Colli Berici, Vicenza e Lessini Durello. Dopo gli studi economici, arriva al mondo del vino, di cui è protagonista a vario titolo da oltre 20 anni. L’anno scorso è stato allievo della seconda edizione del corso in Gestione delle Aziende Vitivinicole del CUOA.
Qual è stata la molla che l’ha spinta a iscriversi al corso?
Prima di tutto la voglia di imparare qualcosa di nuovo. Per quanto uno faccia esperienza sul campo non si finisce mai di imparare dagli altri, in tutti i settori merceologici. E poi la necessità di confrontarmi, di rimettermi in gioco. E a 45 anni non è così semplice come si pensa.
Il corso come luogo di confronto, quindi?
Certo, non solo luogo di studio e di impegno, ma anche di dialogo con altre persone del mondo del vino, oltre che con gli insegnanti, che ho trovato molto preparati. Nel nostro campo è fondamentale mantenere vivo il confronto con i colleghi sia delle realtà più piccole, che di quelle più grandi. Chi si ferma e si chiude in se stesso è perduto. Il mercato ti fa fuori senza che te ne accorga.
Che aspettative aveva?
Come ho già detto volevo imparare qualcosa di nuovo. Mi interessava in particolar modo la parte di strategia aziendale e di marketing, ma ho seguito con grande interesse anche la parte di agronomia, che mi ha sempre affascinato, ed è utilissima nel lavoro di tutti i giorni anche per chi, come me, il vino lo vende.
Come sta andando il mercato italiano?
Quello che sta succedendo è sotto gli occhi di tutti: c’è una grossa contrazione dei consumi. In più noto, girando un po’ tutto il territorio nazionale, uno scarso dinamismo del settore. L’idea che mi sono fatto è che la gente sia convinta di poter vivere ancora di rendita, dilapidando i risparmi di una vita dei genitori e dei nonni. Le cose invece stanno cambiando, molto rapidamente. Per questo ben vengano i corsi come quelli organizzati dal CUOA.
Lo consiglierebbe anche a un piccolo produttore?
Certo, soprattutto ai piccoli produttori. C’è bisogno di un cambio di cultura: devono rendersi conto che devono conoscere il mercato e le strategie d’impresa per poter continuare a lavorare. C’è molta, troppa gente impreparata in giro.
E l’export come lo vede?
La mia azienda ha avuto un grosso aumento nel corso di quest’anno. In generale comunque lo vedo come uno sbocco importante per le aziende italiane. Il mercato americano, in particolare, che è ancora la nostra grande mamma, quello inglese per le bollicine, oltre che i mercati emergenti.
Come la Cina?
Non proprio. Secondo me il futuro non è lì. I Cinesi cercano soprattutto il prodotto da prezzo, mentre se vogliono un prodotto di alta gamma si spostano sui vini francesi. Molto più interessanti, invece, la Russia e la Corea: sono Paesi innamorati del made in Italy e sono disposti a spendere di più per un prodotto di qualità, che provenga dal nostro Paese. In prospettiva, per noi Italiani, vedo bene Brasile, Cecoslovacchia, Macao e Polonia. Dipenderà molto da noi affrontare bene questi mercati. Per il momento siamo sempre arrivati secondi, terzi o quarti. A titolo personale, essendo di formazione economica contrarian, scommetto su Messico, Vietnam e Francia. Dove sta scritto che non possiamo vendere il vino ai cugini transalpini?
Tornando al corso, ha avuto problemi con gli orari?
Pochissimi. L’orario mi sembra rispetti le esigenze lavorative di tutti. L’unica cosa impegnativa è tornare a casa il sabato pomeriggio. Ma ne vale decisamente la pena.