a cura di Emilio Girino *
Il processo di globalizzazione delle società e dei mercati implica inevitabilmente un clash culturale ed è naturale che tale “scontro” riverberi, con prepotente rimbombo, sul versante economico. L’intensificarsi degli scambi commerciali, accompagnati da non meno crescenti flussi migratori, pone i sistemi occidentali di fronte alla necessità di confrontarsi e misurarsi con schemi e tradizioni economiche di varia estrazione. Il problema, in particolare, si pone per i modelli economico-finanziari riconducibili alla cultura islamica e ciò a motivo delle diverse, quando non radicalmente opposte, matrici ideologiche ad essi sottese.
La spiccata compenetrazione fra religione e società determina nella cultura islamica e, di riflesso, nell’economia, la ricerca di un obiettivo che, contrariamente a quello perseguito dalle economie occidentali protese all’efficienza e alla produttività, ambisce, primariamente, alla costruzione di modelli economici coerenti ai precetti della legge religiosa (Sharia). L’ambito più evidente in cui tale contrapposizione si manifesta è il settore finanziario, oggetto di specifiche riflessioni da parte della cultura islamica, in quanto ispirato alla mercificazione del denaro: da qui il divieto di riba, ossia dell’applicazione di un saggio di interesse alle operazioni finanziarie, fondamento basilare, viceversa, del principio remunerativo pecuniario tipico dei nostri sistemi. Lo stesso dicasi per le attività speculative, vietate dal filtro religioso che osteggia l’incertezza (gharār) e il mero azzardo (al-quimar), dove ricadono non soltanto operazioni spiccatamente spericolate, ma anche strumenti di natura previdenziale, quali tipicamente i contratti assicurativi.
Per queste ragioni, i sistemi islamici, dovendo pur sempre fronteggiare i bisogni economici imposti dal vivere sociale, si sono ingegnati di elaborare soluzioni imperniate più sullo scambio di beni materiali, restituendo così al denaro la sua primaria funzione corrispettiva, che non sul semplice trasferimento di capitale. Sul versante assicurativo, soluzioni come il takaful tendono ad ovviare al meccano speculativo attraverso metodi di condivisione mutualistica dei rischi commerciali.
La contrapposizione fra i due universi non deve, tuttavia, esasperarsi. Per almeno tre innegabili ragioni. La Sharia ispira il sistema islamico, ma la sua applicazione varia, quanto a rigidità, da Paese a Paese, risultando con ciò generalmente ammorbidita. Sistemi islamici e sistemi occidentali spesso convivono senza conflittualità (la Malesia, ad esempio, è nota per essere, ad un tempo, il più grande hub di finanza islamica e una potente piazza finanziaria occidentale collocata ad est). La seconda ragione è che taluni istituti non appaiono così distanti dai nostri (emblematico l’investimento azionario, condiviso anche dalla cultura islamica, quale espressione di impiego del denaro a scopo partecipativo). La terza ragione è che fra i due sistemi, grazie alle più raffinate elaborazioni della dottrina, si registrano progressive forme di integrazione, che già hanno portato al sostanziale superamento del divieto di riba in molte legislazioni. L’obiettivo da perseguire è la ricerca di una costante mediazione e di una progressiva integrazione e contaminazione dei sistemi. Obiettivo difficile, ma non impossibile da centrare per economisti e giuristi non privi di ingegno.
* Docente CUOA Finance
Il bicchiere mezzo pieno: le opportunità della finanza islamica Joint Seminar Area Imprenditorialità- CLUB Finance 26 giugno 2014, ore 17.00, Fondazione CUOA A partecipazione libera.
Il giro d’affari dell’economia islamica, e in particolare della finanza, non è stato particolarmente toccato dalla crisi economica americana ed europea. I tassi di crescita sono stati sempre positivi a livello economico, ovviamente con un trend minore negli anni disastrosi tra il 2007 e il 2009, mentre a livello finanziario si è constatato un trend di crescita del 15% pressoché costante.
L’elevata crescita costante del giro d’affari della finanza islamica molto probabilmente è dovuto al fatto che l’investitore musulmano non potrebbe acquistare i prodotti complessi dell’economia capitalista, come ad esempio le collaterized debt obligatios, che sono state tra le principali cause della crisi dei titoli subprime, oppure quote di fondi particolarmente speculativi e poco basati sull’economia reale.
Il sistema finanziario islamico, e più in generale il sistema economico islamico, sono fondati su regole e obblighi particolarmente rigidi basati sui principi religiosi della legge sacra islamica, la “Sharia’ah” che segue fedelmente quanto dettato dal profeta nel testo sacro del Corano.