a cura di Maurizio Casalini*
Il tema trattato è oggetto di discussione da più di vent’anni, da quando nei primi anni ‘90 la maggior parte delle PMI a conduzione familiare si è trovata al primo giro di boa, ma resta ancora di grande attualità. È cambiato il modo di avvicinarsi al problema, non vi è più così profondo il divario tra le diverse generazioni di imprenditori, sono meno tesi i conflitti e le differenze di opinioni, è aumentato il livello culturale e le competenze professionali, ma è più difficile il contesto congiunturale.
La situazione economica e sociale in cui il nostro Paese versa, peraltro, crea i presupposti perché un cambio gestionale possa essere la medicina ideale per le nostre imprese.
Mi ha fatto piacere vedere in aula (ndr. in occasione di Electives MBA Imprenditori, 3 ottobre 2014, al CUOA) imprenditori junior accompagnati da imprenditori senior, con una ferma volontà, diversamente dal passato, di ricercare soluzioni condivise e in una logica di cooperazione.
Insieme, abbiamo analizzato i principali profili della disciplina civilistica e tributaria della successione e gli strumenti tecnici che gli ordinamenti propongono.
Ne è emerso che l’impresa, la famiglia ed il patrimonio sono tre ambiti diversi, tre sistemi autonomi che richiedono diversi approcci in quanto presentano obiettivi diversi ed a volte in conflitto.
Nelle imprese familiari questi tre ambiti sono fortemente collegati tra loro, ed il fatto che ognuno di essi giri ad una velocità ed in una direzione diversa crea delle tensioni che se non affrontate correttamente, con buon senso e lungimiranza, possono creare danni irreparabili.
Abbiamo analizzato in aula la situazione familiare-aziendale di alcuni partecipanti e delineato alcune delle possibili prospettive: ne è risultata l’importanza di un approccio strategico nella gestione del passaggio generazionale, definendo prima gli obiettivi desiderati ed individuando solo di conseguenza lo strumento che più si adatta allo scopo. Abbiamo verificato sul campo che il passaggio generazionale non è solo la ricerca di un modo indolore per passare la proprietà della società di famiglia, ma è un processo che prevede l’individuazione di scelte condivise a monte su metodi e modalità di gestione, predisposizione di un piano di crescita professionale sia per i più giovani, che per i “diversamente giovani”, l’aumento graduale degli ambiti di delega e di supporto offerti.
Le statistiche presentate dalla Commissione Europea in effetti rendono un quadro non incoraggiante sulla mortalità delle PMI in fase di passaggio generazionale: solo il 33% delle aziende supera il primo passaggio generazionale e questa percentuale si riduce al 15% al secondo passaggio.
In Italia, inoltre, il 53% degli imprenditori è over 60 anni; oltre il 90% delle imprese sono familiari; le aziende hanno solitamente una scarsa capitalizzazione e manca solitamente una chiara suddivisione tra i beni “aziendali” e quelli “familiari”, il patrimonio immobiliare familiare è spesso intestato alla società; le posizioni di management spesso sono un “diritto ereditario”, con conseguente scarsa presenza e valorizzazione di management esterno autorevole che possa validamente assistere l’impresa nella fase del passaggio” (Fonte: Il Sole24Ore- Diritto 24 – 8 settembre 2014).
Da considerare poi anche le prospettive di appesantimento dell’imposta di successione e donazione, che porta molte famiglie di imprenditori ad accelerare il processo.
È indubbio che la congiuntura attuale richiede maggior attenzione nella gestione di questa fase delle imprese, e tuttavia, gestito con approccio strategico e globale, in coerenza con gli obiettivi desiderati, il passaggio generazionale può costituire un fondamentale momento di crescita e consolidamento positivo per le nostre imprese.
Tra gli Alumni MBA Imprenditori del CUOA abbiamo diversi casi di successo, uno tra tutti, il caso di Maurizio Zordan, che così racconta la sua rinascita e la sua sfida al passaggio generazionale: «Ho concentrato la governance innanzitutto, oggi con me nella Srl ci sono i miei fratelli Alfredo e Marta. Siamo stati in pratica il “fondo” dell´azienda e abbiamo trasferito il 78% della società in un trust di famiglia, che porta il nome di nostro padre, per tenere separata famiglia da impresa. Inoltre abbiamo migliorato i processi organizzativi interni, lavorato sul controllo di gestione, cambiato il contratto collettivo che ci ha dato maggiore flessibilità, migliorato le competenze interne, project manager, lean, inglese per tutti. Abbiamo poi avuto la fortuna di non avere mai utilizzato molto le banche e di avere un sistema di pagamento che ci permette di incassare subito il 60% dei lavori, abituati inoltre a prendere dall´azienda il minimo».(Fonte: Il Giornale di Vicenza – 22 aprile 2014).
* Docente CUOA, Studio Legale Tributario Associato CASALINI & ZAMBON