Mettiamo a fuoco il Digital Business, stabilmente nella hit-parade delle
buzzword più abusate nel 2014
a cura di Lino Moretto *
Proprio oggi, guardando quanti dei miei amici condividono le loro prodezze sportive con Strava e Runtastic, non ho potuto fare a meno di constatare ancora una volta come le abitudini del mondo che mi circonda, siano profondamente cambiate nel giro di pochi (veramente pochi) anni.
L’influenza di “cose” che sono (paradossalmente!) in grado di percorrere l’autostrada digitale di Internet ed uscire al casello di Facebook, sostando nella sacra bacheca che rappresenta per molti il veicolo principale per raccontarsi, è in realtà solo uno degli effetti che la connettività pervasiva sta avendo nella vita di tutti i giorni.
Le situazioni della vita comune, in cui una “cosa” che parla la lingua di Internet, potrebbe teoricamente influire (se già non lo fa), sono davvero molte, perché parecchio del “valore” che ci circonda è già passato nel mondo digitale, che lo si voglia o no.
Denaro, musica, film, giochi, libri sono solo alcuni esempi (scontati) di beni dematerializzati, con i quali sempre più dispositivi saranno potenzialmente in grado di interagire, nel momento in cui vengono collegati alla rete Internet.
Come se non bastasse, le previsioni più attendibili parlano di più di 30 miliardi di dispositivi autonomi (wearables, automobili, ecc.) collegati alla rete Internet entro il 2020, in aggiunta a 7 miliardi di dispositivi personali (Gartner, 2014). In pratica, le “cose” collegate ad Internet saranno numericamente molto maggiori delle persone!
Tutto questo cosa vuol dire? La conseguenza diretta è che i produttori di beni o servizi, dovranno fare progressivamente i conti con “consumatori” che potranno essere anche dei dispositivi; sempre più frequenti saranno le situazioni in cui i dispositivi, in virtù della aumentata possibilità di reperire ed elaborare informazioni, risulteranno determinanti nel condizionare le scelte di acquisto.
La sfida che le aziende si troveranno ad affrontare nei prossimi anni, sarà quindi incentrata sulla ricerca di nuovi modelli di business, che possano generare valore in un contesto in cui il mondo reale e quello digitale si confondono al punto di dover considerare le “cose” come dei veri e propri clienti, o promotori del proprio prodotto.
La capacità di sviluppare questi modelli, ha un nome preciso: Digital Business.
Quindi?
A ben vedere, le aziende sono già state investite negli ultimi anni da una serie di mutamenti tecnologici e culturali, che hanno profondamente cambiato il modo di produrre, generare valore, e rapportarsi con gli individui:
- i social network, che hanno dotato le persone di informazioni e strumenti per sviluppare una sorta di capacità collettiva di distinguere ciò che ha valore, da quello che non ne ha
- l’ubiquità di accesso alle informazioni, tramite smartphone e tablet, e la pervasività della connessione
- la disponibilità crescente di risorse computazionali “pay per use”, che consentono grande flessibilità nella gestione degli investimenti, sia in termini di apparecchiature (in via di estinzione come voci di ammortamento nello Stato Patrimoniale), che di personale
- la necessità di gestire dati provenienti e memorizzati in più punti, mettendoli in relazione tra di loro per ricavare le informazioni di reale valore per il business.
Il cambiamento necessario ad intraprendere la strada del Digital Business, ha però una caratteristica particolare: non riguarda più solamente l’ottimizzazione delle risorse, o
l’apertura di nuovi canali verso i clienti. Occorre iniettare, nelle figure al vertice della piramide decisionale in azienda, maggiore conoscenza e consapevolezza delle implicazioni che le nuove tecnologie avranno nella definizione dei modelli di business.
Leadership, talento e cultura necessitano di nuove basi.
* ICT Consultant Develon, Faculty corso CUOA JobLeader Digital Business