a cura di Andrea Furlan *
Il TPS (Toyota Production System) nasce come sistema per ridurre gli sprechi al fine di aumentare la produttività e creare più valore per il cliente usando meno risorse. Come racconta Taiichi Ohno in Toyota Production System, nel dopoguerra Toyota dovette affrontare la terribile sfida di recuperare produttività nei confronti dei “big three” americani. Gli americani erano, infatti, 9 volte più produttivi dei giapponesi. Fu questa la molla che portò alla nascita e al successivo sviluppo del sistema snello di gestione aziendale.
Ma cosa significa aumentare la produttività? Significa produrre di più con le stesse risorse, ossia lavoro e capitale. Qui però si crea una specie di corto circuito. Se la domanda è stagnante, perché mai le imprese dovrebbero aumentare la produttività? Al contrario dovrebbero tagliare i costi per ridurre la produzione. Questa posizione, tipica di molti progetti di turnaround, poggia su una assunzione fondamentalmente sbagliata. Si assume che la domanda per la singola impresa sia data. In realtà, la missione di ogni impresa deve essere quella di creare nuova domanda e, soprattutto in tempi di crisi, di trovare nuovi bisogni da soddisfare o trovare modi diversi e innovativi di soddisfare i bisogni attuali. Per i macroeconomisti la domanda è data, per la singola impresa non deve esserlo. E questo vale sia quando le cose vanno bene sia, e a maggiore ragione, in tempi di domanda aggregata stagnante.
Ma cosa deve fare l’impresa per creare nuova domanda? Si possono dare tante risposte, ma forse quella più semplice e giusta è avere una “buona strategia”!
Ogni trasformazione snella inizia con la (ri)definizione della strategia: quali sono i problemi del cliente che vogliamo risolvere e come intendiamo farlo? Non si può iniziare a fare la trasformazione se non si ha una strategia, se non si è definito qual è il valore che si vuole dare al cliente per essere unici rispetto ai concorrenti. La strategia deve chiarire cosa differenzia l’impresa dai concorrenti, cosa la rende unica, quali sono i suoi “order-winning-factors”, ossia i fattori che spiegano perché un cliente compra da noi e non dai nostri competitor: è il prezzo? È il contenuto tecnologico del prodotto? È la capacità dell’impresa di personalizzare il prodotto/servizio? È la sua flessibilità logistica e produttiva? La teoria e il buon senso ci dicono che rispetto a questi fattori l’azienda deve puntare tutte le sue carte: più è competitiva su di essi e maggiori sono i vantaggi sul mercato.
Tutto chiaro, ai limiti dell’ovvio. Solo una minima parte delle imprese ha una strategia. Un recente studio della rivista Fortune Magazine sottolinea come solo il 10% delle imprese hanno una strategia efficacemente formulata, comunicata e implementata. Molte imprese non hanno un disegno strategico e si affidano al pilota automatico: continuano a fare quello che hanno sempre fatto in modo inerziale.
Recentemente ho avuto modo di collaborare con tre aziende molto diverse tra loro. La prima è un’azienda che produce abbigliamento sportivo personalizzato, circa 8 milioni di euro di fatturato. La seconda è un’azienda di circa 20 milioni euro che realizza porte tagliafuoco. La terza è una grande multinazionale leader mondiale nei sistemi di fissaggio. Bene, tutte e tre hanno lo stesso problema: ridurre i tempi di consegna. I clienti sarebbero disposti a pagare di più se le consegne fossero più veloci o almeno puntuali. Il tempo è ormai un essenziale “order winning factor” in molti settori. Si devono realizzare ottimi prodotti, innovativi e personalizzati, ma si devono anche consegnare velocemente. Il cliente non ha tempo, tende a fare gli ordini sempre più in ritardo e va dal concorrente più veloce.
Come scrive Art Byrne in “the lean turnaround”, i principi della trasformazione snella si basano su una time-based strategy, ossia una strategia che fa dei veloci tempi di attraversamento (e quindi del basso tempo di attesa del cliente) un’arma competitiva. Cosa succederebbe se, anziché un mese, il cliente dovesse aspettare due settimane? Probabilmente l’azienda riuscirebbe a rubare clienti ai concorrenti, ad entrare in nuovi mercati geograficamente più lontani, ad accumulare risorse per crescere e magari diversificare in settori correlati. In altre parole ottimizzare e rendere più veloci i processi operativi si tradurrebbe in un vantaggio competitivo e (ri)definirebbe la strategia dell’impresa.
* Referente scientifico CUOA Lean Club