A cura di Ivan Fogliata*
Esistono delle regole del debito? Probabilmente la prima risposta che sovviene al lettore riguarda la regola più semplice: un finanziamento è sostenibile se si producono flussi di cassa sufficienti ad onorare il servizio del debito (detto “cash flow matching”). In sostanza i flussi da dedicare al passivo non possono eccedere i flussi di cassa operativi prodotti dal capitale all’attivo investito.
Sebbene la risposta sia corretta sono necessarie specifiche competenze finanziarie per misurare i flussi di cassa dedicabili al servizio del debito. Se tale attività è complessa quando si parla di flussi di cassa storici essa diviene particolarmente sfidante quando si parla di prevedere flussi di cassa prospettici. I business plan moderni, infatti, stanno muovendo dalla classica tecnica di costruzione “conto economico centrica” a tecniche “flusso di cassa centriche”. I benefici di tale cambio di prospettiva portano all’importante riduzione dei tipici errori di sovrastima della capacità di rimborso dell’impresa.
Purtroppo il debito non segue solo la regola del “cash flow matching”; seguire esclusivamente tale vincolo porterebbe a commettere gravi errori. Si immagini che per perseguire il “cash flow matching” si renda necessario allungare di 2 anni un contratto di finanziamento di originari 4 anni di durata sottoscritto per acquisire un macchinario divenuto poco sostenibile. Si immagini che la vita utile del macchinario sia 5 anni dopodiché debba essere necessariamente sostituito.
Lo scenario paradossale cui si giungerebbe sarebbe quello di osservare un debito della durata di 6 anni (4 originari + 2 di allungamento) ed un macchinario che possa produrre redditi per soli 5 anni. Al sesto anno il debito esiste ancora mentre il macchinario non esiste più. Perseguire il solo “cash flow matching” ha fatto perdere di vista il “duration matching”, ovvero una regola che impone che la durata del passivo non possa superare la durata dell’attivo.
Ancora una volta è l’attivo che fa premio sul passivo. Quanto espresso sinora ci fa comprendere come esista un principio che sta alla base di tutte le regole del debito: le scelte di finanza e di pianificazione finanziaria si fanno ponendo attenzione agli attivi dell’impresa e non ai passivi.
Tale principio, purtroppo, non sempre trova terreno fertile nella gestione delle crisi aziendali attraverso piani di risanamento.
Processo di risanamento od illogica perseveranza? Ad Albert Einstein è attribuito un adagio che recita: “Follia è fare la stessa cosa e pensare di poter ottenere risultati diversi”.
Spesso, infatti, il piano di risanamento non è altro che la riproposizione del business precedente meramente alleggerito dal peso di debiti divenuti insostenibili; risultato quest’ultimo spesso ottenuto attraverso un doloroso processo di “turnaround”. Che risultati è pensabile ottenere se nulla è di fatto cambiato rispetto al passato? Molto probabilmente i medesimi che hanno condotto alla crisi appena risolta! Ad Albert Einstein è attribuito un adagio che recita: “Follia è fare la stessa cosa e pensare di poter ottenere risultati diversi”. In altri termini potremmo dire che: “errare è umano ma perseverare è diabolico”.
Il vero risanamento passa invece attraverso un reale esame dei processi di creazione del valore per comprendere per quale motivo il mercato non riconosce più all’impresa la capacità di generare prodotti o servizi con un valore aggiunto. Se ci pensiamo è il mercato che crea valore utilizzando il prodotto od il servizio e ne retrocede parte all’impresa. Pensare che sia l’impresa che crea valore è come camminare avanti guardandosi l’ombelico. Il rischio di farsi male è molto elevato.
Le moderne teorie della finanza aziendale si sono evolute rispetto allo stretto rapporto coi crudi numeri per indagare a fondo sulle dinamiche di creazione del valore e la sua misurazione. Un piano di risanamento compiuto muove anzitutto dal vero ripensamento strategico dell’impresa; i numeri successivamente presentati acquisteranno certamente maggior peso e credibilità.
CUOA Finance propone la decima edizione del corso executive Il CFO: strumenti, competenze e rischi.
*Dottore Commercialista e Revisore Contabile,
Socio Ordinario di AIAF (Associazione Italiana Analisti Finanziari ),
Consulente di direzione e formatore nell’area della finanza d’impresa).
Docente CUOA Finance nell’area della finanza d’impresa e della gestione del credito.