A cura di Paolo Gubitta*
Nella società contemporanea, i buoni risultati sono quasi sempre frutto di un lavoro di squadra. Nelle imprese, possiamo tranquillamente togliere il «quasi»: l’immagine dell’«uomo solo al comando» appartiene a un mondo che non esiste più (oltre ad essere politically incorrect, visto che è solo al maschile).
Se le cose stanno così, saper delegare è una competenza di base per un imprenditore: quelli che ancora non la possiedono sono in via di estinzione e a volte trascinano anche le loro imprese nella strada chiusa dell’ossessione del controllo diretto.
Le competenze distintive, invece, sono «saper individuare i manager giusti» e «saper gestire i team manageriali» [1].
La prima si sviluppa in due modi: in parte, si acquisisce comprando servizi qualificati di head hunting, e per l’altra parte si sviluppa avendo piena consapevolezza dello stadio di sviluppo organizzativo della propria impresa.
Non ci sono manager per tutte le stagioni. La persona che va bene nella fase iniziale del processo di managerializzazione, quando l’imprenditore comincia a sperimentare per davvero la delega e inserisce i sistemi operativi (primo fra tutti, il controllo di gestione), non è lo stesso che serve quando l’imprenditore e i suoi familiari hanno imparato a tenere saldamente separate le questioni della famiglia da quelle dell’impresa. A qualcuno può sembrare una cosa ovvia, ma non è così: il corollario di questa realtà è che i rapporti contrattuali tra imprenditori-proprietari e manager-gestori non sono eterni e, anzi, sono intrinsecamente a termine.
La seconda competenza, «saper gestire i team manageriali», si ottiene avendo chiari alcuni principi di base di funzionamento dei team:
- appartenenza, intesa come sensazione di essere parte del gruppo, identificazione nei valori e nelle norme del gruppo, così da avere comportamenti simili;
- interdipendenza, intesa come processo che modifica progressivamente le motivazioni, gli atteggiamenti, i vissuti di ciascun componente e che mal si addice con persone integraliste, nel senso di poco disponibili al confronto e al compromesso;
- coesione, intesa come qualità e profondità delle relazioni che uniscono i componenti del gruppo: non significa essere amici, ma lavorare in un contesto trasparente, ordinato e denso;
- differenziazione, intesa come necessità di assegnare, formalmente o informalmente, compiti diversi ai membri del gruppo, evitando che alcuni facciano tutto invadendo gli spazi altrui.
Le ricerche dicono che raggiungono risultati eccellenti solo le persone che hanno delle competenze distintive. Sul fronte della gestione del rapporto con i manager, il messaggio è chiaro: chi si ostina a dire che ha una squadra di collaboratori inefficace, adesso sa anche quali sono le cause.
[1] A questo tema è dedicato l’incontro riservato del Club Member CUOA del prossimo 29 giugno pomeriggio, che avrà come guest speaker Gabriele Del Torchio, già amministratore delegato di numerose rilevanti imprese italiane (da Gruppo Carraro a APS Padova, da Ferretti a Ducati) e che è stato l’artefice del traghettamento di Alitalia in Etihad.
*CUOA Business School e
Università di Padova