Come aumentare la probabilità di successo. Esperienze maturate nella prassi.
di Paolo Masotti e Daniele Trevisan*
Scenari di cambiamento più rapidi e ristrutturazioni industriali
Negli ultimi anni abbiamo assistito a rapidi cambiamenti nelle dinamiche economiche. Il petrolio è crollato del 50% dando respiro alle aziende che operano in settori energivori e, allo stesso tempo, creando forti tensioni in altri settori. In pochi avrebbero pensato 12 mesi fa di vedere gli operatori americani nello shale gas e oil in crisi per il crollo dei prezzi o, il settore del fotovoltaico affrontare una crisi di dimensioni strutturali. Settori come le telecomunicazioni o l’industria del Personal computer, fino a pochi anni fa generavano ingenti flussi di cassa, oggi sono in piena ristrutturazione.
In generale la struttura del settore e la dinamica competitiva possono far prevedere percorsi di riorganizzazione a medio termine (5 anni). Le dinamiche macroeconomiche (crisi della domanda, accesso al credito, etc) accelerano i processi di riorganizzazione, con la conseguenza che alcuni player corrono il rischio di affrontare vere e proprie ristrutturazioni industriali.
Entrambe le componenti (dinamica competitiva e dinamiche macroeconomiche) stanno aumentando rispettivamente di intensità e variabilità, rendendo più frequenti i progetti di riorganizzazione e rilancio industriale.
Definizione della crisi: è una questione di punti di vista?
Non esiste una definizione di crisi univoca, ma i più sono d’accordo che un’azienda è sana quando produce cassa e genera un rendimento adeguato del capitale investito.
Consideriamo due situazioni: 1) un’azienda che non produce cassa e non offre rendimenti adeguati al capitale investito e 2) un’azienda che non rispetta i propri impegni di pagamento. Nella prassi di business anglosassone, il primo caso è una crisi aziendale, il secondo caso è uno stato avanzato di crisi in cui è manifesta l’insolvenza.
Definire la crisi come una situazione di performance non adeguate, aiuta ad anticipare (anche emotivamente) la complessa fase di “riconoscimento” o “emersione” della crisi e quindi a porre in atto gli interventi necessari per attivare iniziative di risanamento, avendo molte opzioni.
Riconoscere la crisi con l’insolvenza implica avere poche opzioni. Inoltre quando lo stato di crisi è grave e noto all’esterno – cosa che avviene con l’insolvenza – gli spazi di manovra sono pochi perché gli stakeholder attivano atteggiamenti di riduzione del proprio rischio di credito, cosa che comporta una riduzione di risorse finanziarie per l’azienda in crisi.
Il successo del rilancio industriale è molto spesso una questione di tempestività
Un’attività preliminare allo sviluppo di un piano di ristrutturazione è l’identificazione delle cause della crisi e la loro reversibilità.
Le cause si dividono tra esterne (eccesso di capacità produttiva, nuove tecnologie, cambio della struttura di mercato, cambio delle preferenze dei consumatori, interventi normativi, mancanza di scala in alcune funzioni) e interne (errori di posizionamento, inefficienze, inefficacia delle vendite). Le cause interne sono quasi sempre reversibili, le esterne devono essere valutate ad hoc.
Nella maggior parte dei casi le cause della crisi sono reversibili; se si ritarda a riconoscere la crisi anche situazioni normalmente gestibili diventano difficili. Nelle situazioni in cui le criticità vengono riconosciute per tempo, è possibile sviluppare piani di risanamento che si focalizzano sugli aspetti industriali del business, con iniziative “migliorative”, con più opzioni strategiche, con interventi meno traumatici e migliore soddisfazione dell’azionista e degli stakeholder.
Quando il tempo residuo è poco, la gestione dell’emergenza finanziaria assorbe molte risorse manageriali, i piani di ristrutturazione sono orientati a “tagliare”, non hanno opzioni strategiche, prevedono interventi traumatici e richiedono sacrifici all’azionista e agli stakeholder.
Alcuni interventi che spingono verso la valutazione anticipata delle situazioni di difficoltà
Oltre ai sempre più sofisticati sistemi di “intelligence”, che permettono a creditori (banche, fornitori) di comprendere in anticipo l’emergere di situazioni critiche con i loro clienti, due macro trend stanno portando la regolamentazione verso l’anticipazione del riconoscimento dei segnali di difficoltà:
1) Le nuove norme BCE / EBA
2) La Commissione Rordorf.
Lo spostamento della vigilanza a BCE ed EBA (European Banking Authority), l’introduzione di Basilea 2 e 3 con il consolidamento delle metodologie di credit rating, dell’analisi andamentale e l’introduzione delle forborne exposures (con l’implementazione degli ITS dal 2015) hanno reso l’accesso al credito un processo sempre più rigoroso, formalizzato e selettivo. Il percorso per l’uscita dal forborne ha tempi lunghi e prevede condizioni rigorose.
Sul modello del rating bancario, la diffusione dei sistemi di valutazione delle controparti nelle transazioni commerciali e lo sviluppo di procedure di credit management impongono un ulteriore vincolo nell’accesso al credito per l’azienda in situazione di crisi.
Da gennaio 2015, al Ministero della Giustizia, la Commissione Rordorf per il riordino della disciplina crisi d’impresa sta studiando l’introduzione di meccanismi idonei ad anticipare l’emersione di situazioni di tensione finanziaria. Dalle prime indicazioni sui lavori della Commissione emerge: i) la definizione di “indicatori di crisi” in base all’esistenza di debiti scaduti verso dipendenti, erario, fornitori, che superano un determinato ammontare, con l’obiettivo di distinguere tra ricorsi tempestivi e non tempestivi prevedendo un aggravio per questi ultimi, ii) individuazione di “Istituti di allerta” (p.e. Agenzie Fiscali, Enti Previdenziali, etc) cui spetterà un obbligo di segnalazione automatica dello stato di crisi al Tribunale (e pubblicità al Registro Imprese) e con conseguente obbligo per il debitore di presentazione del Piano di concordato o dell’Accordo di Ristrutturazione in tempi molto ridotti (90 gg).
Considerando incentivi (o disincentivi) ad anticipare l’emersione dello stato crisi, diventa sempre più critica la capacità di valutare la dinamica dell’esposizione finanziaria, anche per valutare tempestivamente gli interventi correttivi.
Rilancio industriale e riorganizzazione della struttura finanziaria: approcci e strumenti
Una volta definiti gli interventi di ristrutturazione ed efficientemento industriale, può essere necessario richiedere ai creditori di allineare gli impegni finanziari con la dinamica dei flussi generati.
In questo caso è necessario: (1) identificare la struttura finanziaria “target”; (2) predisporre una proposta per i propri creditori; (3) negoziare la proposta; (4) concludere un accordo.
Per identificare la struttura finanziaria “target” è necessario definire la generazione di flussi di cassa dell’azienda prospettici attraverso lo sviluppo del piano industriale e del piano finanziario/patrimoniale, con orizzonte di 3/5 anni.
La struttura finanziaria va “progettata”: i) per la finanza di breve termine l’ammontare delle richieste (affidamenti) e le tipologie (forme tecniche) vanno definite in funzione della struttura del circolante dell’azienda, ii) per il debito a medio-lungo termine la durata complessiva e la struttura dei rimborsi devono essere definiti in base alla capacità prospettica dell’azienda di generare flussi di cassa positivi.
Queste valutazioni vanno organizzate nella “proposta al ceto bancario“, che si compone del piano industriale, del piano finanziario patrimoniale e proposta di manovra. La “manovra” va definita per forma tecnica (linee di credito e facilities finanziarie) e dettagliata per singolo Istituto formulando le richieste nel rispetto della “par condicio creditorum”. L’illustrazione della proposta apre il tavolo di negoziazione con gli interlocutori, i quali analizzeranno il piano e le richieste in modo da renderla approvabile dai propri organi deliberanti. Una volta raggiunto l’accordo, la proposta viene trasformata in un contratto (la “Convenzione Bancaria”). La convenzione normalmente contiene l’impegno delle Banche a supportare finanziariamente l’azienda per un orizzonte temporale prefissato (3-5 anni). L’impegno delle banche è condizionato al rispetto di diversi impegni da parte della società (i “covenants”).
Con la finalità di tutelare giuridicamente le parti coinvolte, in particolare gli attori esterni che partecipano al risanamento, il legislatore ha introdotto appositi strumenti per la gestione delle crisi d’impresa:
– il piano attestato di risanamento (art. 67 3° co. lett. d) LF),
– il piano di ristrutturazione (art. 182-bis LF)
– il concordato preventivo con continuità diretta o con conferimento dell’azienda in esercizio (art. 186-bis LF)
– il concordato preventivo con cessione dei beni (art. 160 LF) (con affitto d’azienda stipulato ante domanda e sua successiva cessione).
Gli attori di questo processo sono dalla parte delle banche un team di specialisti in “ristrutturazione” con competenze specifiche, dalla parte dell’azienda un team di professionisti specializzati in ristrutturazioni del debito, cioè “specialisti di crisi”, “advisor industriali”, “advisor finanziari’, e gli “advisor legali” (distinguendo tra legali delle banche e legali dell’azienda).
I fattori critici di successo per queste iniziative sono: proposte sostenibili ed equilibrate, competenze tecniche specifiche e capacità di mantenere un clima relazionale positivo che ripristini o instauri un rapporto di fiducia tra le parti.
In alcuni casi questi percorsi sono complessi, lunghi e impegnativi, ma la posta in gioco è rilevante. A conclusione dell’accordo, l’impresa e il suo management potranno infatti agire concentrandosi sugli aspetti operativi del business, consapevoli di avere definito le regole del gioco per avere un supporto da parte dei finanziatori.
*Paolo Masotti – Director Management Consulting Studio Adacta. Docente CUOA nell’area della pianificazione, controllo di gestione e finanza aziendale
Daniele Trevisan – Consultant Management Consulting Studio Adacta. Docente CUOA nell’area della pianificazione, controllo di gestione e finanza aziendale