di Fabio Maccaferri e Andrea Fassi*
Che cosa sono i Big Data?
BigData è un termine che sta popolando il mondo informatico e quello del marketing che letteralmente significa “grossa mole di dati”, ma la sua accezione reale è parzialmente diversa ed in particolare si distingue nel mondo del credito alle imprese.
BigData è un insieme di dati strutturati e non strutturati prelevati genericamente da internet, con particolare riguardo ai social network, ai blog, agli instant messenger e in senso lato dai tutti i canali digitali.
Sfatando immediatamente un mito fuorviante si può dire che tanti dati non sono necessariamente Big Data, Big Data comporta necessariamente tanti dati.
Infatti, se si disponesse della serie storica dall’origine degli scambi di mercato per ogni strumento finanziario quotato su un mercato regolamentato si parlerebbe di qualche migliaio di terabyte, ma non si potrebbe parlare di BigData in quanto la struttura dei record sarebbe definita e semplice, prezzo, ora, volume.
Nel caso delle opinioni su un ristorante di una città, commenti alla Trip Advisor per citare un esempio, non si avrebbero certamente terabyte di dati, ma il mix di dati strutturati (il giudizio espresso numericamente in stelline) e destrutturati (la parte di commento discorsivo) ci riconducono al mondo BigData.
Come i Big Data possono servire nel credito?
Il credito resta per la maggior parte delle Banche e degli operatori istituzionali l’attività principale e la maggior fonte di revenues potenziali, usando un termine anglosassone “il core business”.
Si è usato il termine “potenziali” in quanto il credito genera revenues quando il debitore rispetta i termini contrattuali e ripaga di capitale ed interessi il creditore secondo lo schema prestabilito, ma purtroppo ciò non sempre avviene tanto che EBA ha ridefinito il mondo del credito oltrepassando le definizioni di Banca d’Italia e dividendo questo mondo in “Performing” e “Non performing” aggiungendo ad entrambe le categorie l’attributo “Forborne” che in pratica si traduce in una sorveglianza rigida del debitore.
Nella gestione del credito ci si basa sul merito creditizio (scoring o rating sono sinonimi) per definire pricing, accesso ed eventuali rientri/liquidazioni della posizione, nei modelli avanzati addirittura la normativa impone di legare il tutto al rating o scoring (utilizzo “overall” del rating teso ad eliminare il più possibile la componente di valutazione soggettiva.)
La classe di merito creditizio viene definita annualmente sulla base dei documenti societari, tra cui il bilancio e spesso il rendiconto finanziario, a cui si aggiunge la valutazione qualitativa del gestore basata su un numero limitato di interazioni con l’azienda. Anche rimanendo nel lecito e non considerando la malafede questa metodologia risulta limitante per due motivi, il periodo di revisione è troppo lungo rispetto alle dinamiche aziendali ed il numero di informazioni qualitative è troppo ridotto rispetto alla necessità di conoscere l’effettivo funzionamento dell’azienda.
I Big Data possono aiutare, se correttamente utilizzati, a definire in anticipo:
1. le potenziali problematiche per anticipare le contromisure necessarie
2. Le potenziali opportunità per poter seguire l’azienda verso un’evoluzione virtuosa
L’utilizzo dei Big Data quindi permette di superare i due limiti sopradescritti, temporale e quantità di informazioni, sostituendo un tempo macchina ad un tempo umano nell’analisi e nella reportistica.
Questo consente di creare delle “matrici di migrazione” da una classe di rating ad un’altra anticipando gli eventi pregiudizievoli che sono normalmente causa di migrazione.
Nel paragrafo successivo si illustra come ciò avvenga e secondo quali logiche, ma in ultima istanza si può dire che lo scopo sia quello di monitorare costantemente il rischio migrazione dando un tempestivo segnale al gestore; l’attività umana non può essere sostituita né nella fase di analisi né nella gestione, ma si può ottenere un valido supporto ad essa alla stregua di un cruscotto di un’auto moderna che supporti il guidatore con le informazioni sullo stato della vettura, il navigatore sulla posizione e direzione da prendere e i vari dispositivi a supporto, quali ABS ed ESP, che aiutano senza poter prescindere da un guidatore umano.
Come funziona l’utilizzo dei Big Data?
Il funzionamento è logicamente semplice ancorchè legato a una fase algoritmica complessa su cui non ci si vuole dilungare in questa sede.
Si parte dal concetto vecchio come il mondo “ Un caso è un caso, due casi sono fortuna, dieci casi non sono casuali e 100 casi sono un fenomeno”; si cerca appunto di distinguere i casi dai nuovi fenomeni (quindi di durata non breve) che sono oggetto del nostro interesse in quanto modificano nel medio/lungo periodo il merito creditizio dell’azienda.
Utilizzando una metodologia collaudata e nota nel campo della sicurezza e dell’antifrode denominata N.O.R.A. (Not Obvious Relationship Awareness ovvero conoscenza delle relazioni non ovvie) e applicandola al mondo del credito aziendale si possono ottenere dei “pattern” (comportamenti tipici) che definiscono lo standard per quel tipo di aziende, lo scostamento dal pattern evidenzia potenziali casi da analizzare con accuratezza.
Senza entrare in dettagli tecnici si può dire che i dati di ingresso dell’analisi siano:
1. Dati presenti in Banca
a. I dati societari
b. La classificazione dell’azienda (tipo quella degli studi di settore ad esempio)
c. Gli organi sociali
2. Dati reperibili dalla rete
a. Lista delle fonti pertinenti
b. Andamenti della categoria
c. Comportamento aziendale
I dati restituiti nei report restituiscono:
1. Casi nominativi di indagine ed alert
2. Andamento aziendale
3. Andamento della categoria
4. Alert generalizzati (per intendersi simili a quelli dell’art.118 legati a fattori esogeni quali normative, guerre, eventi catastrofici ecc.)
I dati di output servono a costruire una matrice di migrazione, oltre che ad intervenire col supporto del gestore, che permette di ricalcolare in tempo reale il valore teorico (fair value) della posizione e del portafoglio di posizioni.
Conclusioni e commenti finali
L’analisi dei Big Data supporta e non sostituisce l’attività del gestore nella conduzione del rapporto creditizio.
L’analisi fornisce uno strumento in tempo reale che permette di valutare il valore della posizione o portafoglio di posizioni e di evidenziare i “casi anomali” su cui indagare. L’utilizzo nel mondo “Non performing” supporta il gestore nella decisione ristrutturazione/liquidazione.
*Fabio Maccaferri, Consulente presso banche nell’area del Performance Management, Risk Management, Business Continuity Management. Docente CUOA Finance nei Progetti Executive per Manager del settore bancario.
Andrea Fassi, Consulente e formatore in ambito banking per risk manager, private bankers, analisti compliance, auditors. Docente CUOA Finance nei Progetti Executive per Manager del settore bancario.