di Davide Magnani*
Anche in un contesto di profonda trasformazione del mercato del lavoro e di conseguente evoluzione della funzione HR, per il curriculum di un addetto o responsabile delle risorse umane assume sempre maggior rilievo l’esperienza nelle relazioni industriali, e cioè nelle relazioni collettive tra lavoratori e datori di lavoro.
Prima di tutto, è opportuno sgomberare il campo da un equivoco, e cioè che l’espressione faccia riferimento ad un comparto specifico, quello dell’industria manifatturiera: così non è. La stessa espressione “relazioni industriali”, altro non è che un’impropria traduzione dell’inglese “industrial relations”, dove l’aggettivo deriva dal sostantivo “industry”, che rappresenta qualsiasi settore economico: da quello agricolo a quello del terziario avanzato.
In linea teorica, nell’ambito delle relazioni industriali e di fonte all’attore co-protagonista che in esso si muove, ossia il sindacato, l’impresa può assumere due atteggiamenti alternativi: ritenere che l’organizzazione sia un sistema unitario, e che quindi qualsiasi forza che non coincida con quella manageriale sia un elemento disturbante, da espellere, adottando politiche “non union”, oppure ritenere l’organizzazione un sistema pluralistico fondata su una coalizione di gruppi di interessi distinti, riconoscendo nel sindacato un interlocutore necessario e adottando politiche “union”.
Nella pratica, la scelta tra le due opzioni non è libera, ma deve necessariamente partire dal contesto in cui l’impresa opera: per questo motivo le relazioni con il sindacato sono state curate anche nella Fiat-Fca di Marchionne, e perfino nella fase più calda delle decisioni più radicali del manager italo-canadese. Nel mercato globalizzato e competitivo è indispensabile ottenere almeno una quota di consenso da parte della forza lavoro, perché la sfida della qualità, di cui si parla da decenni, si vince con il coinvolgimento del lavoratore; e la presenza di un interlocutore stabile può agevolare sensibilmente il perseguimento degli obiettivi aziendali componendo interessi dei diversi gruppi di lavoratori e riducendo i costi di transazione connessi ad una contrattazione individuale.
Per giocare nel campo delle relazioni industriali occorre avere approfondite conoscenze tecniche specifiche: del contesto normativo, sia esso formalizzato o soltanto rituale, per valutare correttamente quali azioni sono percorribili e quali no, del contesto competitivo, per soppesare le conseguenze di eventuali decisioni prese o evitate, dell’azienda in cui si opera, per comprendere i riflessi interni e gli impatti sui costi, diretti ed indiretti, degli accordi raggiunti. In particolare, quest’ultimo elemento non deve mai essere dato per scontato, visto che la controparte sindacale ha spesso a disposizione informazioni di prima mano, né va mai sottovalutato il fatto che l’impegno connesso alla fase del perseguimento di un accordo porta spesso a trascurare quella, egualmente cruciale, della successiva applicazione.
Vi sono poi competenze trasversali altrettanto importanti rispetto alle conoscenze tecniche specifiche: quella relazionale, fondamentale per costruire un clima collaborativo sia con la controparte sindacale che all’interno della compagine aziendale; quella negoziale, utile durante la trattativa sindacale; quella di problem solving mediante un approccio creativo, decisiva nella fase di costruzione delle soluzioni. Non appaia superfluo ricordare che le relazioni industriali costituiscono un processo che ha come input il conflitto di interessi e le rivendicazioni di una parte e come output delle norme per la composizione del conflitto e la regolazione dei rapporti di lavoro.
Nel bagaglio di cui sopra non si è fatto cenno all’etica: poiché essa rappresenta un prerequisito essenziale per qualsiasi HR Manager: la relazione tra le parti non è una tantum, esaurendosi al termine di una trattativa, ma ha la caratteristica di durare nel tempo, e il venir meno della necessaria fiducia tra le parti compromette il perseguimento anche in futuro dei rispettivi interessi.
In queste righe si è cercato di dare una sommaria idea della complessità del campo di gioco e di quanto sia importante un approccio interdisciplinare; in qualche modo, forse si è lasciato intendere la ragione per la quale le relazioni industriali, nonostante l’importanza cruciale che continuano a rivestire, non abbiano, per un addetto o responsabile alle risorse umane, lo stesso appeal di altre specializzazioni della funzione: perché non vi è alcuna regola universalmente valida, se non quella di una accurata preparazione che sviluppi le conoscenze specifiche e le competenze trasversali necessarie; non vi è alcun manuale che indichi i passi da compiere per giungere al risultato, ma è fondamentale il confronto critico con le esperienze altrui.
“Se vuoi costruire una nave non affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Prima di tutto risveglia invece negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato”. (Antoine De Saint-Exupéry)
*Docente Executive Master HR Management
grande.