di Valentino Pediroda*
In una gestione finanziaria moderna ed efficiente, le aziende non possono ormai più dimenticare l’ottimizzazione del proprio cash flow, le motivazioni di questa importanza sono principalmente tre:
- maggiore difficoltà nella raccolta di prestiti bancari (nelle loro diverse forme)
- oggettiva difficoltà a ricevere i pagamenti nelle tempistiche prestabilite
- oggettivo innalzamento del rischio insolvenza.
Questi tre punti si possono racchiudere in una frase sintetica: le aziende devono iniziare a fare le banche di se stesse. E di conseguenza devono valutare il rischio di credito delle loro controparti.
Fino ad oggi questa operazione veniva effettuata mediante la ricerca di informazioni sulle aziende con cui si è in rapporti commerciali, ma oramai il passaggio generazionale deve e sta portando non ad una semplice raccolta di dati ma all’interpretazione di essi.
Infatti oggi si devono valutare per ogni società due valori principali che rappresentano gli indicatori fondamentali per una corretta valutazione del rischio di credito: il credit rating e il credit limit (fido).
Essi vanno a misurare (in modo diverso) due elementi di rischio di credito:
- il rating la probabilità che il soggetto esaminato possa risultare insolvente
- il fido commerciale, l’esposizione massima che è possibile affrontare.
Da notare come questi due indicatori non sono sovrapponibili, ma necessitano di essere studiate parallelamente.
Le problematiche nascono nel momento di cui è necessario sviluppare una metodologia che riesca a valutare queste problematiche, soprattutto nel caso di mercati internazionali.
Le difficoltà principali riguardano la grandissima varietà degli standard di informazioni che il credit manager deve valutare ogni giorno:
- diversità negli standard di deposito dei bilanci:praticamente parliamo del fatto che al mondo esistono diversi standard (i più conosciuti sono quelli Continentali, basati sull’ebitda, e quello Anglosassone, basato sul Gross Profit)
- diversità negli ambienti economici in cui le imprese operano (Stati diversi e Settori diversi):questo significa che il credit manager deve riuscire a comprendere ad esempio se un ROE del 7% ha lo stesso significato in termini di rischiosità se la società opera nel settore commerciale in Italia e nel settore costruzioni in Turchia (ovviamente, e purtroppo, no!)
- non sempre il credit manager ha a disposizione tutte le informazioni di bilancio. Infatti o per motivi di legislazione o per motivi di reperibilità dei dati di bilancio, non sempre il bilancio è completo.
Sembrerebbe un lavoro impossibile e complessissimo, ed effettivamente lo è. Ma per fortuna ci sono anche le modalità tecnologiche per affrontarle. Infatti è possibile sviluppare, e noi di modeFinance lo abbiamo fatto con il modello di credit rating MORE, modelli di valutazione del rischio di credito che affrontano tutte queste problematiche al fine di ottenere un modello di rischiosità che permette al credit manager di affrontare con più semplicità il suo lavoro ed ottenere una valutazione coerente nei diversi Stati. L’importante è però avere un modello che segua alcune importanti linee guida:
- un modello che non sia basato sul machine learning e quindi sul riconoscimento implicito delle diversità tra aziende sane e aziende fallite
- non un unico modello ma diversi modelli, per ogni Stato e per ogni Settore al mondo; le diversità tra Stati e Stati e settori e settori è enorme ed adottare un unico modello è un errore fondamentale
- gli account sono due: ricordatevi! Attenzione, esiste l’ebitda e esiste il grosso profit, non sono la stessa cosa!
- conoscenza approfondita degli Stati; il modello deve comportarsi come un analista esperto dello Stato dove l’azienda opera, senza questa conoscenza, la valutazione del rischio fallirà.
Con un modello di rating che segue queste direttive, il credit risk manager avrà a disposizioni uno strumento che lo aiuterà ogni giorno nel suo lavoro, ottenendo il meglio da tutte le informazioni disponibili.
*CEO & Founder modeFinance, Faculty corso CUOA Credit Management processi, policy e strumenti