di Paolo Gubitta*
Ci piaccia o no, per alcuni decenni tutto il mondo occidentale ha costruito i suoi modelli di consumo sulla scia del «take, make, consume and dispose» (prendi, produci consuma e cestina). Oggi, questo approccio non solo ha perso appeal come stile di vita, ma è anche diventato insostenibile. Prima ancora di essere un’opzione etica è una scelta pragmatica: non ci sono risorse sufficienti per soddisfare i bisogni della popolazione mondiale, che grazie alle meraviglie dei sistemi di cura è sempre più numerosa e più longeva, e non sappiamo più come liberarci di tutti gli scarti che produciamo.
L’economia circolare rappresenta un cambio radicale di prospettiva, che impatta sui processi di produzione e di consumo.
Partiamo dai primi. Cosa dobbiamo mettere dopo il «take, make, consume» al posto del consueto «dispose» (cestinare)? Le alternative sono numerose e aprono altrettante prospettive per nuove iniziative imprenditoriali e sviluppi professionali.
In alcuni casi, si procede con il «disassembly and repair» per il medesimo cliente, che in questo modo rinnova gli oggetti che usa, invece di doverli ricomprare. In altri, si preferisce il «disassembly and refurbish», cioè una rimessa a nuovo per altri clienti, che così possono accedere a utilizzi o consumi che altrimenti non si potrebbero permettere. In altri ancora, si arriva al più semplice «disassembly and recycle», che vuol dire recuperare con cura tutte le parti componenti per poi rivenderle singolarmente per vari utilizzi.
Per accedere a questo nuovo mondo della generazione di valore servono almeno tre condizioni.
La prima è progettare i prodotti affinché abbiano più vite: ciò si ottiene rendendo semplice il disassemblaggio dei prodotti e il successivo riassemblaggio. Ecco perché una nota casa automobilistica europea alcuni anni fa ha avviata una collaborazione con alcuni sfasciacarrozze: chi meglio di loro ci può dire quanto facile o difficile è smontare una macchina per recuperare ogni singolo pezzo?
La seconda è ragionare per filiere di imprese e non per singola impresa. La realizzazione dell’economia circolare richiede che vi sia una stretta collaborazione tra le imprese specializzate nelle varie fasi del ciclo di produzione (take and make), distribuzione (delivery and consume), riuso (disassembly, repair, refurbish, recycle) ed eliminazione definitiva (dispose).
La terza riguarda lo sviluppo di una rete integrata di operatori localizzati in prossimità dei luoghi di consumo e recupero degli oggetti, al fine di rendere più efficace ed efficiente il ritiro dell’usato e la consegna del rigenerato o del nuovo.
Al CUOA stiamo facendo decollare un progetto sull’economia circolare: sali a bordo?
*Università degli Studi di Padova e CUOA Business School
14 febbraio 2017 – Workshop “La Circular Economy sta decollando: sali a bordo? L’economia circolare: i principi e le pratiche“