di Federico Rossi – Sintesi Comunicazione*
Lo sviluppo di un modello di business sostenibile (dal punto di vista ambientale, sociale ed economico) e la sua conseguente comunicazione e divulgazione costituiscono, oggi, due direttrici di sviluppo ineluttabili. Allo stato attuale, però, molte aziende sembrano ancora frenate, pur avendo capito che qualcosa sta cambiando (o meglio è già cambiato) e che la sostenibilità rappresenta un driver non solo distintivo ma anche competitivo. Alla base di questa “diffidenza” possono essere individuati quattro aspetti:
– la percezione di inutilità
– la paura del passato
– la paura delle reazioni
– la paura della complessità e del cambiamento.
L’elenco sicuramente non è esaustivo e non è il frutto di un campionamento statistico significativo ma queste sono le determinanti che empiricamente emergono in modo più forte. Non giova, inoltre, la coda lunga della crisi che ha “abituato” le aziende a concentrarsi sul day by day quando il corretto approccio alla sostenibilità richiede una visione strategica traguardata almeno sul medio periodo.
La percezione di inutilità
Tra le obiezioni principali che frenano un corretto approccio alla sostenibilità c’è sicuramente la percezione dell’inutilità legata alla sensazione che il proprio mercato di riferimento non sia ancora pronto per valorizzare i prodotti e le aziende “green”.
Molte ricerche evidenziano in realtà il contrario, anche se non è ancora chiaro a quanto ammonti effettivamente il delta di prezzo che il cliente è disposto a pagare per questo tipo di prodotti.
Non è detto, inoltre, che il prodotto “green” debba avere un posizionamento di prezzo più alto rispetto al prodotto “grey”; anzi, se la sostenibilità nasce in modo corretto dalla revisione dei processi questa non può che portare degli efficientamenti che, in base alla strategia aziendali, potranno essere portati a margine o rovesciati a favore di un posizionamento di prezzo più competitivo.
Non è una “scusa” neanche l’eventuale mancanza di una cogenza normativa in quanto spesso il quadro regolatorio arriva in un secondo momento a disciplinare dei fenomeni già in essere e sicuramente la sostenibilità è uno di questi. In certi ambiti aspettare la norma potrebbe essere troppo tardi.
In sostanza quello che appare inutile oggi potrebbe diventare strategico nel giro di pochi mesi e a quel punto potrebbe diventare un “problema”.
Paura del passato
Iniziare un percorso di sostenibilità, costituisce un significativo punto di discontinuità con il passato.
Spesso le aziende hanno già introdotto, anche se non in maniera strategica e strutturata, numerosi “accorgimenti ambientali” senza però portarli “a valore” ovvero comunicandoli come reali punti di forza. In questo contesto la “paura del passato” può rappresentare un freno concreto.
L’obiezione che viene mossa è: “se inizio solo ora a comunicare il mio impegno ambientale e sostenibile può passare il messaggio che fino a ieri ero un inquinatore”.
Tale paura è però assolutamente da superare, anche per i comparti tradizionalmente “grey”. Con coraggio bisogna rompere gli schemi e valorizzare questo orientamento aziendale. Qualche critica sicuramente potrà esserci, ma se la sostenibilità è veramente entrata nel dna aziendale le obbiezioni saranno facilmente smontabili con i fatti. Il mercato premierà l’impegno soprattutto se comunicato con trasparenza, oggettività e stile senza magnificare o ingigantire quanto fatto.
Paura delle reazioni
In molti comparti le aziende tendono a “marcarsi a uomo” e questo spesso porta a uno scarso dinamismo dovuto alla paura di essere i primi a rischiare di rompere gli schemi e soprattutto gli equilibri.
Una rottura degli equilibri che porta gioco forza a delle reazioni da parte dei competitors e più in generale del mercato.
“Nessuno ha mai fatto comunicazione ambientale, se inizio io i miei concorrenti cercheranno di smontare punto per punto quello che faremo”: questa la frase classica.
Anche in questo caso le aziende devono dimostrare di avere il coraggio di guardare al futuro con forza e determinazione, ovvero con gli stessi valori con i quali solitamente approcciano quell’innovazione tecnologica che permette loro di creare soluzioni fino al giorno prima assolutamente impensabili.
Nessuna paura delle reazioni, quindi, però a una condizione.
Che la sostenibilità e la conseguente comunicazione si basino su fondamenta solide.
Tutto deve essere costruito su aspetti tecnici e scientifici precisi, misurabili, confrontabili e validabili (il tutto poi ovviamente rielaborato in chiave comunicativa e creativa per essere reso fruibile a un pubblico diversificato con l’obiettivo non di persuadere ma di informare, agevolare la diffusione di una nuova cultura, evidenziare al mercato l’impegno dell’azienda).
Paura della complessità e del cambiamento
Se la sostenibilità deve diventare un elemento fondante il dna aziendale, se questo deve tradursi in una revisione e in un miglioramento continuo dei processi e dei prodotti, se il tutto deve portare a un cambiamento di paradigma è inutile negare che “essere sostenibili” è complesso.
Le aziende però sono abituate a gestire la complessità.
La sostenibilità non è una sfida semplice; richiede visione e competenze.
Sicuramente richiederà di uscire dalla propria zona di comfort modificando processi consolidati e in alcuni casi mettendo in discussione rapporti stratificati con i vari attori della catena del valore. Ma se la sostenibilità è ormai una “tendenza ineluttabile”, se chi non è sostenibile è destinato a uscire dal mercato, allora l’impresa dovrà dimostrare ancora una volta di avere coraggio. Magari non da sola, magari cercando di capire come altre aziende “ce l’hanno fatta”. Sicuramente con un approccio di partnership con le aziende della filiera. Questa oggi rappresenta una sfida da affrontare e da vincere. Nascondersi dietro la paura del cambiamento e della complessità non serve. Il mondo andrà avanti comunque.
Creare una sensibilità forte e una cultura concreta della sostenibilità: questi alcuni degli obiettivi del progetto “Economia Circolare – Senso etico ambientale ed industriale del prodotto e del riciclo” Codice 79-1-948-2016 – POR FSE 2014-2020 DGR 948/2016 che vede CUOA business school come capofila.
Un progetto complesso strutturato su workshop, attività di formazione, visite aziendali, borse di ricerca che punta, anche in una prospettiva di confronto internazionale, a promuovere le pratiche sostenibili e offrire a imprenditori, manager e professionisti gli strumenti e le competenze per non cadere nei freni tipici della sostenibilità e abbracciare pienamente il nuovo paradigma orientando così le aziende verso un modello più etico ma al contempo decisamente più competitivo.
*Partner operativo del progetto Economia Circolare