di Andrea Furlan*
Al Lean Center del CUOA da tempo sosteniamo che Lean è innanzitutto una strategia basata sull’apprendimento continuo e non un insieme di principi, strumenti e tecniche a supporto del miglioramento operativo. Proprio da questa convinzione è nata l’idea di sviluppare con Michael Ballé, uno dei massimi esperti mondiali sui temi di Lean Strategy e Lean Leadership e autore di vari testi diventati best sellers nella letteratura in ambito Lean, un workshop di due giornate per manager e capi azienda che vogliono migliorare la strategia della propria organizzazione, in tempi in cui i mercati sono sempre più mutevoli e i cicli di vita dei prodotti sempre più brevi.
Uno degli ultimi lavori di Ballé è proprio un libro intitolato “Lean strategy: using lean to create competitive advantage, unleash innovation and deliver sustainable growth” (scritto con Daniel Jones, Jacques Chaize e Orest Fiume). Nel libro gli autori sviluppano un nuovo modello che rompe con gli schemi tradizionali e sviluppa un framework strategico che usa il Lean come arma competitiva per crescere in modo sostenibile, innovando continuamente prodotti e processi.
Ma facciamo un passo indietro. Quando parliamo di strategia cosa intendiamo esattamente? A questa domanda tendo a rispondere sempre richiamandomi alle parole di Michael Porter: “Strategy is about being unique”. Ossia la strategia ha l’obiettivo di rendere l’azienda unica, rispetto alla concorrenza. Ripetiamolo: la strategia non è essere migliori, ma essere unici.
Quando un’azienda sviluppa una strategia deve stabilire “cosa fare”, ma soprattutto “cosa non fare”. Un posizionamento strategico sostenibile si pone in trade-off rispetto ad altri posizionamenti: l’azienda deve scegliere quali attività fare, ma soprattutto quali attività non fare perché non compatibili con la sua identità competitiva. La strategia “fast-food” di McDonald’s non è coerente con la preparazione di panini personalizzati per il singolo cliente: la personalizzazione dei panini richiederebbe tempi di attesa troppo lunghi. La strategia “self-service” di IKEA non prevede il servizio al cliente nella scelta e assemblaggio dei mobili: il servizio al cliente aumenterebbe troppo i costi dei prodotti. La strategia “fast fashion” di Zara non usa famose firme dell’alta moda: la veloce introduzione di nuove collezioni è più coerente con un approccio da follower rispetto a uno da trendsetter.
Nonostante la centralità della strategia per il successo di qualsiasi azienda, i vari movimenti legati al mondo delle start-up spesso enfatizzano i concetti di creatività, sperimentazione e agilità (spesso assunti, erroneamente, come la quintessenza dell’imprenditorialità), cancellando de facto il ruolo della strategia deliberata. Senza strategia, l’imprenditorialità diventa una sperimentazione continua di idee con la speranza di trovare, prima o poi, l’El Dorado, il sogno di tutti gli imprenditori.
Il punto è che la sperimentazione da sola non è sufficiente. Da un lato, le idee veramente innovative richiedono ingenti investimenti upfront, che mal si conciliano con veloci cicli di sperimentazione di differenti versioni del prodotto. Dall’altro, è molto probabile che veloci test di mercato, basati su una risposta immediata dei clienti, non permettano di valutare la sostenibilità di lungo periodo della business idea. La scomparsa di qualsiasi forma di pianificazione strategica dal cruscotto gestionale di un imprenditore può, quindi, portare al fallimento dell’idea di business.
La strategia deve invece servire a definire i confini dell’azione competitiva dell’impresa. All’interno di questi confini, si svolge il processo di apprendimento “by experimenting” che permette l’adattamento continuo delle scelte dell’impresa, rispetto alle dinamiche di mercato. Nespresso ha innovato completamente il business della produzione e distribuzione del caffè, attraverso un posizionamento strategico chiaro fin dall’inizio. Nonostante questa chiarezza di intenti, nel tempo, l’azienda ha adattato continuamente il suo business model per sfruttare le opportunità di mercato e difendersi dalle minacce. Ad esempio, l’azienda ha deciso di aggiungere alla distribuzione online i “Nespresso stores” per rafforzare il posizionamento del brand. Altre azioni, come la distribuzione attraverso la GDO, sono state invece escluse in quanto non in linea con la value proposition dell’azienda.
La strategia serve quindi a delimitare lo spazio all’interno del quale sperimentare nuove idee. Questa lezione vale tanto per le imprese già operanti, quanto per le start-up. La contrapposizione tra strategia e sperimentazione continua è quindi solo apparente e, di fatto, fuorviante. Nella realtà, le imprese hanno bisogno sia di chiare scelte strategiche, derivanti da una processo deliberato di analisi, che di agilità, derivante dalla sperimentazione continua delle azioni messe in campo. Il “cuore” del mestiere dell’imprenditore è proprio trovare il giusto mix tra queste due opposte attitudini di governo dell’impresa.
Su queste basi si poggia il modello di Lean Strategy, che rompe con il tradizionale approccio definendo un nuovo modo di formulare obiettivi e piani, partendo da due semplici domande: stiamo risolvendo i problemi (strategici) giusti? Lo stiamo facendo adottando delle decisioni che aumentano gli sprechi?
Una Lean Strategy è basata su quattro step. Primo, stabilire quali sono i “giusti” problemi strategici dell’impresa considerando il gemba (il luogo dove il valore viene creato nel contesto produttivo, nel mercato e nella supply chain allargata) come il vero luogo per apprendere questi problemi: è il gemba che ci indica i problemi da risolvere e non analisi asettiche effettuate in stanze lontane anni luce dal mondo reale. Aiutando gli operatori, i clienti e i fornitori a risolvere i problemi quotidiani, il bravo leader deve capire quali sono i problemi (strutturali e strategici) sottostanti che l’organizzazione deve risolvere nel lungo periodo.
Secondo, sviluppare la direzione di miglioramento di lungo periodo che l’organizzazione deve intraprendere per risolvere i problemi strutturali. In altri termini, il leader deve stabilire quali sono le sfide di lungo periodo dell’impresa e come l’impresa intende affrontare queste sfide.
Terzo, rendere le sfide di lungo periodo dell’impresa comprensibili da tutti. Il Lean si basa sul coinvolgimento e il contributo di tutti, di conseguenza, tutti devono capire quali sono le sfide alle quali contribuire.
Quarto, sviluppare nuove soluzioni attraverso un processo di sperimentazione continuo. Infine, una Lean Strategy si basa su un modello nuovo di leadership basato più sulla formazione di nuovi leader che di nuovi follower (uno dei problemi dei nostri tempi), sull’engagement delle persone più che sulla loro produttività (il disengagement delle persone al lavoro…un altro problema dei nostri tempi).
Impareremo a sviluppare questo nuovo framework nelle due giornate con Michael Ballé, Lean Strategy and Lean Leadership, 6-7 luglio 2017.
Don’t miss the opportunity!
*Referente Scientifico CUOA Lean Enterprise Center e Professore Associato di Economia e
Gestione delle Imprese Università di Padova
N.B: La prima dell’articolo è adattata da “Furlan A., 2016, Il “cuore” del mestiere dell’imprenditore, Harvard Business Review Italia, Marzo 2016”