di Donato Frigotto*
Lo stress da lavoro è sempre più diffuso e le cause che lo portano sono moltissime, manager, professionisti e responsabili aziendali convivono sempre più spesso con lo stress.
Partiamo da una prima definizione di stress: “Una reazione interna ad uno stimolo esterno che altera tempi e reazioni proprie della singola natura dell’individuo. La condizione di stress si realizza nel momento in cui le sollecitazioni persistono e non si riesce più a farvi fronte utilizzando i propri sistemi di difesa”.
Credo sia utile la distinzione fra una condizione di stress che facilita la nostra capacità di attivazione e ci permette di affrontare compiti semplici o complessi, e quella condizione di stress o di-stress prolungato che mina le nostre capacità adattative e di saper fronteggiare normalmente le sfide della vita.
La prima condizione, “EU (da buono) STRESS” è caratterizzata da attivazione della capacità di attenzione, di concentrazione, di apprendimento, di memoria e della capacità di risoluzione creativa dei problemi; la seconda “DI-STRESS” è caratterizzata dalla pressione di eventi psicologici che causano progressivamente nell’organismo una reazione generale di adattamento e, con il progredire del tempo, disfunzionalità nei diversi apparati e infine anche patologia.
La capacità di adattamento può assumere diverse forme, funzionali o disfunzionali, a diversi livelli di complessità cognitiva, emotiva, comportamentale e sostanzialmente attraverso l’attuazione di complessi quadri psicofisiologici. Le fasi che caratterizzano l’istaurarsi progressivo di una condizione di stress possono essere descritte come segue:
1) Fase di allarme: è una fase di iniziale e repentina attivazione difensiva dell’organismo, in cui assistiamo a modificazioni di ordine biochimico e ormonale. Si modificano contestualmente la pressione arteriosa, la frequenza respiratoria, la frequenza cardiaca e l’organismo si attiva per una pronta reazione difensiva e di massima attenzione all’ambiente circostante
2) Fase di resistenza: è una fase in cui l’organismo si organizza funzionalmente in senso difensivo L’intero sistema fisiologico tende a organizzare le diverse modificazioni psico-fisiologiche per resistere a una condizione di stress prolungato. Gli stressor interni o esterni persistono e l’individuo tenta di adattarsi a una pressione prolungata nel tempo.
3) Fase in cui lo stress prolungato produce disfunzionalità e patologia (esaurimento): se gli stressor agiscono per un lungo periodo di tempo con una certa intensità, l’individuo non è più in grado di proseguire nella sua fase di adattamento e di resistenza, si verifica un’alterazione del naturale bilanciamento difensivo nella fisiologia e cominciano a manifestarsi i primi segni di disfunzionalità nei diversi apparati, e se questi persistono per lungo tempo rappresentano l’anticamera delle patologie.
Lo “stress da lavoro”, quindi, non procura danni solo apparenti, ma con il tempo danneggia sia fisico che mente. Per capire se si sta vivendo un periodo di stress dovuto al lavoro, bisogna saper leggere i sintomi che possono presentarsi.
Sul lavoro ci si sente assenti, stanchi e anche confusi ed inoltre non si ha la capacità di concentrarsi. Per quanto riguarda i sintomi fisici si possono avere problemi respiratori, disturbi alimentari e problemi con il sonno.
L’enorme afflusso di stimoli che mediamente oggi si riceve durante una “normale giornata” e la flessibilità richiesta al nostro sistema mente-corpo per riuscire a gestirli, rendono l’adattamento allo stress una battaglia davvero dura da affrontare, che richiede costantemente energie.
Specificatamente in contesti organizzativi, non avere una definizione precisa del ruolo che si deve andare a occupare può portare a un conflitto all’interno del gruppo di lavoro; la distribuzione del lavoro da compiere, molto spesso eccessivo e altre volte insufficiente, può generare instabilità e dispersione di risorse.
Questo processo non è uguale per tutti, e i tempi e le vie di disfunzionalità e di somatizzazione delle tensioni sono correlati alle specifiche caratteristiche costituzionali dell’individuo. Bisogna tener presente inoltre la peculiarità psicologica di ogni individuo e le modalità con cui ognuno filtra e ricodifica gli stessi eventi stressanti. Stimoli dotati dello stesso potere stressante provocano negli individui risposte diverse e, nello stesso tempo, condizioni stressanti di diversa natura possono indurre risposte simili in individui diversi.
Da una recente ricerca, che ha studiato in 30 diverse nazioni i livelli di produttività di manager e leader d’azienda, il tipo di “stato mentale” e il modo in cui viene gestito (anziché subirlo) emerge come fattore discriminante nell’essere efficienti e maggiormente performanti. Più nello specifico, i 3 stati mentali che sono stati identificati come maggiormente influenti (94%) sulla qualità della performance e sul livello di benessere lavorativo sono stati Calma, Felicità ed Energia/Entusiasmo. (A. Caillet, J. Hirshberg, S. Petti, Harvard Business Review, 2014)
Questa ulteriore conferma della capacità di “gestire anziché subire” i vari stressor a cui siamo sottoposti, sottolinea l’importanza di comprendere il funzionamento del nostro sistema mente-corpo e delle peculiarità soggettive che caratterizzano la personalità di ognuno, in modo da adattare le strategie anti-stress in maniera funzionale al raggiungimento di scopi ed obiettivi.
COSA FARE?
Partiamo dalla considerazione che il corpo umano è una perfetta macchina di movimento, che necessita di essere sempre “in moto”.
Se questo moto non avviene senza soluzione di continuità ed intensità, le funzioni del corpo s’indeboliscono, e in tal caso anche un piccolo carico porta ad un sovraccarico-stress. Quello che si rivela un impulso positivo per un individuo, per un altro può essere un peso-stress, che non è in grado di gestire.
L‘organismo deve essere esercitato, affinché possa sempre più essere in grado di sopportare carichi maggiori e mantenere questa funzione fino in età avanzata.
Come abbiamo già specificato, se per qualcosa sentiamo lo stress, ciò non determina il grado di carico, ma il livello di capacità del nostro corpo di sopportare il carico.
Questo livello si migliora effettuando degli esercizi.
Solo così, si può spiegare perché alcune persone lavorano costantemente e si sentono bene in una certa situazione nella quale qualche altro, dopo un solo giorno, sarebbe colpito da un infarto. Nelle situazioni dove non possiamo evitare il breve sovraccarico e quindi siamo esposti allo stress, è essenziale consentire al corpo esausto la possibilità di scaricare lo stress.
Lo stress si libera solo lentamente. Se il recupero è troppo breve, uno stress si somma al precedente fino a che l’organismo, troppo esausto, non si indebolisce completamente.
*Faculty Executive MBA part time