di Andrea Vinelli*
Oggigiorno la competizione nei mercati globali non è più fra imprese, ma fra reti di imprese. Il successo (o ahimè l’insuccesso) di ogni singola impresa è infatti sempre più legato ai suoi fornitori, ai suoi clienti e a tutti i molti partner coinvolti nella costruzione del valore, dalle materie prime alla consegna dei prodotti/servizi ai clienti finali.
Questo cambiamento radicale nelle regole del gioco competitivo scardina una certezza radicata in molte imprese e imprenditori, soprattutto di piccole medie aziende, così numerose e diffuse nel tessuto industriale del nostro Paese: il successo della mia impresa è nelle mie mani, dipende da capacità, competenze, idee e risorse della mia azienda!
Ovviamente questo resta valido anche oggi, ma il livello di difficoltà e complessità del gioco competitivo si è alzato: essere bravi non basta più, è condizione necessaria per competere in un mondo globalizzato, ma non più sufficiente per garantirsi competitività e crescita.
Oggi – per qualunque impresa di qualunque settore, manifatturiera o di servizi – competitività aziendale e prestazioni d’impresa dipendono anche dai partner coinvolti nella catena di costruzione del valore (i.e. value chain) – in primis dai fornitori dell’azienda, ma anche dagli accessi ai mercati sempre più internazionali, dai distributori e canali di vendita con cui si riesce a fare arrivare i propri prodotti e servizi al cliente finale, in una parola dalla supply chain – o meglio dal supply network – in cui la singola azienda è inserita e opera.
Ma cosa vuol dire operare e competere in una prospettiva di Supply Chain Management? Quali sono i rischi e le opportunità dettate dalle nuove regole competitive?
La prima cosa da aver ben chiaro in mente è che oggi nessuna impresa, anche la migliore nel suo settore, gioca da sola, perché sempre di più si vince o si perde “in squadra”. Diventa vitale per ogni impresa capire innanzitutto se si fa parte di una squadra vincente o se, per qualche ragione, qualche partner, a monte o a valle della nostra impresa, distrugge il valore creato dal nostro business e dai nostri investimenti e penalizza così le prestazioni percepite dal nostro cliente/utilizzatore finale, ad esempio qualità, tempi di consegna, sostenibilità ambientale, innovazione, costi etc. Tutto ciò è tanto più vero e critico quanto più l’azienda è posizionata nelle fasi a monte della catena integrata di fornitura – i.e. supply chain – ed è il caso di tante nostre piccole medie imprese manifatturiere, spesso terziste e non a contatto diretto con i clienti finali.
Altrettanto critica per la strategia e il successo aziendale è un’altra importante conseguenza della regola di “giocare in squadra” e operare in supply chain: alcune imprese potrebbero riconoscere un partner come non più competitivo e decidere di sostituirlo. Ad esempio, l’impresa leader della filiera potrebbe individuare in qualche “compagno di squadra” elementi di criticità – quali scarse prestazioni nei costi, nella qualità, nell’innovazione, nei tempi di risposta – che penalizzano tutta la supply chain e, quindi, decidere di farlo accomodare in panchina, per usare la metafora sportiva.
La globalizzazione ha reso il gioco competitivo molto più duro e complesso, non solo perché i mercati di vendita sono sempre più internazionali, ma anche perché i mercati di fornitura sono diventati globali. L’arena competitiva non è più solo il vecchio distretto industriale in cui l’azienda ha la propria sede, ma il mondo intero. Prossimità geografica e culturale, subforniture, approvvigionamenti locali e nazionali non garantiscono più la competitività, che va necessariamente cercata a livello di global supply network.
*Direttore Scientifico Master MBA part time International Program
Partecipa alla Open lesson MBA