ImpresealCUOA – Special Issue, 27 febbraio 2018
di Paolo Gubitta
Tra i vari e interessanti dati emersi nell’edizione 2017 di Top500 Vicenza, promossa da PwC Italia in collaborazione con l’Università di Verona e presentata al CUOA Business School lo scorso 19 febbraio, ce n’è uno di particolare interesse: la crescita della patrimonializzazione delle imprese della provincia di Vicenza. Paolo Gubitta, direttore scientifico dell’‘Area Imprenditorialità di CUOA Business School, commenta questo fenomeno.
Dall’edizione 2017 di Top500 Vicenza, l’annuale analisi sui bilanci delle prime 500 imprese per fatturato della provincia di Vicenza, si traggono vari elementi interessanti:
- nell’ultimo anno la patrimonializzazione delle imprese è cresciuta in media di circa il 7% e in parallelo sono diminuiti sia l’indebitamento verso il sistema bancario (in calo di circa l’8%, con la contrazione del rapporto debt/equity da 0,57 a 0,49) sia il carico degli oneri finanziari (in diminuzione del 12%, con l’incidenza sul fatturato che scende da 1% a 0,85%);
- nello stesso periodo, il sistema marcia spedito in termini sia di fatturato (+2,68% nel campione delle Top500, che copre il 64% di tutte le imprese di capitale della provincia), sia di EBITDA (margine operativo al lordo di ammortamenti e svalutazioni: +18% nel segmento delle Top500, +15% tra tutte le aziende di capitali della provincia).
In altri termini, le imprese si sono rimesse in moto e si preparano alla crescita con una struttura patrimoniale e finanziaria più solida. Trattandosi per buona parte di imprese di proprietà familiare (una o più nuclei tenuti insieme da vincoli di natura familiare o da solide alleanze, o da entrambi), questi dati ci permettono di fare un ragionamento più generale sull’evoluzione delle imprese familiari contemporanee.
Il consolidamento della struttura patrimoniale si spiega con il fatto che le persone più direttamente interessate a ricapitalizzare le imprese (i proprietari), hanno messo mano al portafoglio invece di ricorrere al debito. È un segnale forte per tutti gli interlocutori con cui l’impresa si relaziona (dai fornitori e dai clienti lungo la filiera, passando per i collaboratori, fino al sistema finanziario), perché comunica che la famiglia proprietaria vede opportunità per il futuro e intende coglierle: metterci i soldi propri equivale ad alzare una barriera all’uscita dal business e rende più credibili i progetti di crescita. È come dire queste imprese hanno definitivamente abbandonato quell’approccio alla gestione definito «impresa povera, famiglia ricca», che teneva il nostro sistema economico sistematicamente sottocapitalizzato.
Questa interpretazione spiega solo una parte dei dati rilevati dalla ricerca promossa da PwC Italia.
È vero che, a parità di fabbisogno finanziario, quando l’azienda si patrimonializza si contrae il fabbisogno di capitali di debito e quindi si riduce il peso degli oneri finanziari. Ma quando le imprese crescono (come mediamente succede in questo caso), non basta cambiare la composizione delle risorse (sostituire debito con patrimonio) ma è necessario aumentare la quantità di risorse.
Quindi? Si può anche ipotizzare che la riduzione del peso degli oneri finanziari dipenda dal fatto che le imprese più dinamiche si siano indebitate meglio, ad esempio usando nuovi strumenti. Uno di questi è il minibond, che permette a chi non è quotato in Borsa di accedere a un innovativo strumento per accedere al mercato finanziario. Le cronache raccontano che proprio in provincia di Vicenza ci sono già imprese che vengono etichettate come «emittenti seriali» di minibond short-term. Si tratta di realtà che hanno concretamente realizzato almeno tre distinte emissioni, di importo contenuto (da 500mila a un milione di euro) e di breve durata (6-9 mesi). Il sistematico ricorso a questo strumento e la capacità di rispettare in modo puntuale le scadenze di rimborso evidenziano che siamo di fronte a imprese che: da una parte, sono in grado di stimare correttamente il proprio fabbisogno finanziario e, quindi, di affrontare in modo più consapevole gli investimenti per realizzare le strategie di crescita; dall’altra sono state in grado di crearsi una adeguata reputazione sul mercato finanziario ottenendo la fiducia dei risparmiatori.
Dopo aver cestinato il detto «impresa povera, famiglia ricca», siamo nelle condizioni di poter introdurre un nuovo adagio «famiglia illuminata, impresa solida».