ImpresealCUOA, 26 luglio 2018
di Paolo Gubitta e Chiara Tamburini
Quali strategie adottano le imprese familiari per realizzare obiettivi di sostenibilità? A questa domanda risponde la ricerca Società Benefit e Family Business realizzata dal CEFab by CUOA tra il 21 novembre e il 18 dicembre 2017, con un questionario spedito a 205 imprese appartenenti alla community MBA Imprenditori di CUOA Business School. I dati si riferiscono a 64 questionari completi (31%). Tutte le imprese sono a proprietà familiare e i questionari sono stati compilati direttamente dagli imprenditori coinvolti nei processi strategici.
Le Società Benefit si impegnano statutariamente ad agire in modo responsabile e sostenibile anche nei confronti di vari interlocutori, tra cui anche territorio e ambiente.
Prendendo spunto da un recente lavoro di Joyce e Pasquin, alle imprese coinvolte nella ricerca è stato chiesto di dare un ordine di priorità ad una serie di strategie e pratiche gestionali che hanno impatto su territorio e ambiente, quali:
- Fare acquisti dai fornitori più vicini
- Ridurre emissioni del processo produttivo
- Utilizzare materiali con minore impatto sull’ambiente
- Riprogettare i prodotti per agevolare smaltimento e riuso
- Ottimizzare la distribuzione anche con trasporti condivisi
- Riprogettare i prodotti per ridurre i costi d’uso
La Figura 1 riporta la gerarchia di tali strategie e pratiche di gestione.
È interessante notare che accanto ad azioni di base e ormai diventate un must per tutte le imprese come «Utilizzare materiali con minore impatto sull’ambiente» e «Ridurre le emissioni del processo produttivo», al vertice delle priorità delle imprese coinvolte nella survey compare la propensione a «Riprogettare i prodotti per agevolare smaltimento e riuso». È un dato molto interessante, che segnala la diffusa consapevolezza che per ridurre l’impatto ambientale si deve partire dalla concezione dei prodotti, per eliminare alla fonte (o ridurre) il problema dello smaltimento e, soprattutto, per agevolare la rigenerazione dei prodotti al termine del loro primo ciclo di utilizzo.
Rispetto a questo quadro generale, come cambiano le priorità per le aziende che si sono trasformate in Società Benefit o che ci stanno pensando? La Figura 2 mette a confronto le priorità di queste imprese, rispetto a quelle che non avevano mai sentito parlare di Società Benefit prima di partecipare alla survey.
Rimane stabile la priorità su «Riprogettare i prodotti per agevolare smaltimento e riuso», a conferma che questa pratica sta diventando un orientamento costante nelle imprese.
Al vertice delle strategie di sostenibilità delle Società Benefit, però, compare un’altra azione: «Ottimizzare la distribuzione anche con trasporti condivisi». L’implementazione di una strategia di questo tipo si può realizzare con maggiore facilità e maggiore impatto positivo sull’ambiente se inserita in logiche di filiera.
È quello che sta succedendo, ad esempio, all’interno della cosiddetta «Filiera della Bontà». Qualche anno fa, la Fratelli Carli, prima B-Corp in Italia dal 2014, ha convocato i suoi fornitori (tra cui anche la veneta Pasticceria Filippi, che oltre ad avere la certificazione B-Corp è anche Società Benefit) con l’obiettivo di creare la «Filiera della Bontà». L’adesione alla proposta ha avuto diversi impatti sulla gestione, tra cui l’impegno delle imprese della filiera di tenere una o due consegne pronte per il cliente, per ottimizzare i piani di carico dei flussi logistici tra le imprese della «Filiera della Bontà» e ridurre così l’impatto ambientale.
Il profilo delle imprese che hanno partecipato alla ricerca
Le aziende che hanno partecipato alla ricerca sono prevalentemente medie e piccole: 20 (su 64, pari al 31%) ha un fatturato fino a 5 milioni; 17 (27%) stanno tra 5 e 10 milioni di euro; 12 (19%) sono nel range 10-20 milioni; le rimanenti 15 (23%) hanno un fatturato superiore a 20 milioni di euro. In termini di proiezione sui mercati internazionali, il quadro è variegato: il 28% (18 casi) esporta oltre il 60% del proprio fatturato, il 14% (9 casi) del campione è tra il 40% e il 60%, il 33% (21 casi) esporta fino al 40% e il rimanente 25% (16 casi) vende solo sul mercato domestico, anche se spesso si tratta di realtà che partecipano indirettamente alle filiere globali del valore, perché sono fornitori di parti e compenti per aziende fortemente globalizzate. Il 42% (27 casi) opera nel settore metalmeccanico, il 13% (8 casi) della logistica e trasporti, l’8% (5 casi) nei servizi alle imprese, 7% (5 casi) nel sistema casa, 6% (4 casi) nell’Agrifood, 6% (4 casi) nell’impiantistica, 6% (4 casi) nel legno arredo, 5% (3 casi) nel tessile abbigliamento e il 7% sta in altro settori. Tutti i rispondenti appartengono alla compagine proprietaria e quindi siamo di fronte a tutte imprese familiari. In termini di ruolo occupato: 45 amministratori delegati (70%), 11 responsabili di unità di business o di divisione o di funzione (17%) e 6 manager intermedi (9%). Per il 28% (18 casi), l’occasione della ricerca è stata la prima volta in cui hanno sentito parlare di Società Benefit, il 59% (38 casi) del campione invece aveva già sentito parlare di Società Benefit, mentre nel 13% (8 casi) siamo di fronte ad aziende che sono già Società Benefit o che stanno valutando di provare a diventarlo.
La Special Issue di #ImpresealCUOA n. 46 include i seguenti contributi:
Più valore ai valori: Società Benefit e Imprese Familiari
- B-Corp e Società Benefit: analogie e differenze
- Le imprese familiari e l’orientamento (naturale?) al benefit
- Società Benefit e strategie di sostenibilità
- L’impatto sociale delle Società Benefit
- Società Benefit e la filosofia di un imprenditore ribelle
- Quante sono le Società Benefit in Italia?
- B-Corp, Quarto Settore e Organizzazioni Ibride
- Società Benefit & Family Business
- B-Corporation… e il modo di fare impresa non sarà più lo stesso