di Diego Begalli *
Il percorso produttivo di una bottiglia di vino è irto di potenziali ostacoli, imprevisti che possono compromettere irrimediabilmente il risultato economico di un’intera annata e ripercuotersi drammaticamente sul futuro dell’azienda produttrice.
La produzione e la commercializzazione del vino sono soggette a molteplici rischi, in alcuni casi strettamente interconnessi fra loro: territorio, clima, processi produttivi, comportamento umano, fluttuazioni dei prezzi, evoluzione della domanda, quadro istituzionale e politico, dinamiche internazionali ed elevati investimenti che richiedono periodi lunghi per il raggiungimento del punto di pareggio.
È un’imprevedibilità che contribuisce alla magia del vino, al suo fascino atavico, legato alla terra, al ciclo delle stagioni, al clima, a variabili che sfuggono al completo controllo dell’uomo, rischi che – mai come oggi – l’imprenditore vitivinicolo ha bisogno di gestire e contenere per consolidare la propria azienda e farla crescere.
Il Risk Management assume per l’impresa vitivinicola 4.0 un valore competitivo essenziale, ma è un’esigenza di cui sembra non esserci piena consapevolezza. È quanto emerge da uno studio del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Verona, in fase di pubblicazione, che analizza la percezione dei rischi e la scelta di strategie di gestione da parte degli imprenditori vitivinicoli delle Province di Verona, Padova, Vicenza, Bergamo e Trentino-Alto Adige.
“Gli imprenditori e coltivatori vitivinicoli oggi adottano diverse strategie di ‘risk management’, ma tutte focalizzate ad affrontare e gestire gli effetti che il rischio potrebbe avere sulla produzione del vino – spiega Roberta Capitello, Prof. Associato di Economia ed Estimo Rurale dell’Università di Verona, autrice con Maria De Salvo, Barbara Gaudenzi e Diego Begalli di “Risk management strategies and residual risk perception in the wine industry: a spatial analysis in Northeast Italy” – “le risultanze parlano chiaro: la maggioranza investe in manutenzione dei macchinari e innovazione o adotta nuovi sistemi di produzione, distribuzione e marketing; più della metà acquisisce nuovi terreni per aumentare la produzione. Per contro, le strategie meno utilizzate sono proprio quelle di controllo del rischio e le certificazioni, quest’ultime con percentuali minime, o la diversificazione delle fonti di reddito, che vengono applicate da meno di un terzo dei produttori, mentre circa la metà, ha optato per strumenti assicurativi e per sistemi di monitoraggio climatico. Estremamente significative le percentuali esigue di chi investe in strumenti finanziari e in strumenti dedicati all’analisi del rischio o in personale specializzato.”
Cosa significa questo?
Se consideriamo altri dati sostanziali della ricerca, ovvero che fra i pericoli maggiormente percepiti ci siano cambiamenti legislativi, aumento delle tasse e dei costi delle materie prime, ci rendiamo conto di quanto la gestione dei rischi nell’impresa vitivinicola sia centrata sulla produzione. Si pensa ai rischi ‘controllabili’, a contenere i costi per avere maggior margine, più guadagno per far fronte a eventuali perdite, come dire che si cerca di avere le spalle più larghe per sostenere il peso delle avversità, ma senza considerare la quantità di strategie che, adottate, innescherebbero un vero circolo virtuoso, a partire dall’analisi del rischio, dagli strumenti finanziari e assicurativi, quali ad esempio i derivati climatici.
La ricerca evidenzia come la percezione dei rischi rimanga sentita anche quando si adottano strategie di contenimento, soprattutto per quanto riguarda i repentini cambiamenti di temperatura, gli incidenti o la morte dei dipendenti, il fallimento dell’azienda, ma in generale i risultati ci dicono con chiarezza come il desiderio dell’imprenditore vitivinicolo di adottare strategie di gestione dei rischi dipenda dal bisogno di essere competitivo sul mercato piuttosto che da una chiara ed esplicita pianificazione d’investimento in strategie di Risk Management. La percezione del rischio dipende ancora troppo dalle convinzioni, dall’esperienza individuale e ancora troppo poco da competenze manageriali in tema di Risk Management.
L’idea diffusa è produrre di più riducendo i costi e assicurarsi per contenere i danni, ma quello che risulta evidente è quanto vitale e rivoluzionario potrebbe essere per le imprese vitivinicole un approccio diverso all’investimento in Risk Management (Farzaneh et al., 2017), sia in termini di personale dedicato, strumenti e certificazioni che in termini di diversificazione degli investimenti, aprendosi ad esempio all’Ospitalità o all’Innovazione tecnologica.
Rischi e cambiamenti climatici, rischi di mercato, rischi e investimenti in innovazioni e tecnologie, rischi e costi di transazione sono alcuni dei temi che abbiamo scelto di affrontare nell’Executive Master in Wine Business, poiché lo studio della gestione del rischio è un’esigenza non solo del singolo produttore vitivinicolo ma, in considerazione dell’identità territoriale e delle conseguenze sociali, anche dell’intero territorio e delle Istituzioni che lo tutelano: le regioni del vino di alta qualità creano, infatti, paesaggi fisici e culturali unici che, mediante la coltivazione, la trasformazione, il commercio e il turismo, sono componenti cruciali delle economie locali.
*Professore Ordinario di Economia ed Estimo Rurale, Dipartimento di Economia Aziendale, Università di Verona e Direttore Scientifico Executive Master in Wine Business, CUOA Business School