Blog ImpresealCUOA n.47 - Special Issue dell'8 ottobre 2018 La community MBA Imprenditori CUOA

Il nuovo contratto a termine: flessibilità e dignità del lavoro, possono convivere?

ImpresealCUOA, 8 ottobre 2018 

di Simone Baghin*

Tra gli obiettivi dichiarati del Decreto Dignità convertito in legge il 12 agosto 2018 c’è il contrasto al precariato, con un impatto sui contratti a termine e sulla somministrazione. In questo contributo, Simone Baghin, consulente del lavoro, presidente ANCL Vicenza (Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro), membro del Centro Studi Nazionale ANCL e Faculty Member MBA Imprenditori CUOA Business School, discute in particolare le implicazioni sul contatto a termine.


Una delle principali novità introdotte dal Decreto Dignità convertito in legge il 12 agosto 2018 riguarda il contratto a termine: la sua durata, che passa da 36 a 24 mesi, e il ripristino delle causali in caso di proroga/rinnovo.

Come funziona?

In generale, al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi, senza indicarne la ragione («a-causale»).
Questo limite può essere superato, purché non ecceda i 24 mesi complessivi, solo in presenza di almeno una delle esigenze di seguito indicate:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

La descrizione di queste condizioni è di per sé ambigua, visto che le dinamiche competitive moderne sono per loro natura altalenanti e, quindi, la temporaneità e la non programmabilità sono elementi quotidiani dell’azione imprenditoriale.

Ma il punto più delicato è un altro.
Si usa dire che «il diavolo fa le pentole ma non mette i coperchi». In questo caso, il paragone ci porta alla prova della sussistenza delle causali, che è a carico del datore di lavoro. La causale, infatti, dovrà essere scritta e motivata per l’eventuale ulteriore periodo che ecceda i 12 mesi così come in ogni caso di rinnovo del tempo determinato (stipula di un nuovo rapporto) anche entro i 12 mesi.
Il rischio concreto è l’aumento del contenzioso.
Nel 2015, il Jobs Act aveva liberalizzato il contratto a termine fino a 36 mesi: secondo i dati del Ministero della Giustizia, è anche per questa ragione che il numero delle cause in tema di contratti a termine è sceso dalle 8.019 del 2012 alle 490 del 2017.
Con il Decreto Dignità, si rischia un incremento del contenzioso sulla presenza o meno della causale/ragione che ha giustificato il primo rapporto ovvero il rinnovo o la proroga oltre i 12 mesi.

La riduzione delle proroghe.
Durante i 24 mesi di durata massima del contratto a tempo determinato e ad eccezione delle attività stagionali, è possibile prorogare il rapporto a termine per un massimo di 4 volte (prima erano 5). Nei primi 12 mesi la proroga rimane «a-causale» come il contratto, mentre per il tempo che eccede i 12 mesi, il rapporto potrà essere prorogato solo in presenza delle anzidette causali.
Qualora si dovesse sforare le 4 proroghe massime consentite nei 24 mesi, il rapporto si trasforma a tempo indeterminato dalla quinta proroga. Anche l’inesistenza o la carenza delle ragioni e delle esigenze aziendali determinano la conversione del contratto.

Da quando si applicano le novità e per quali contratti.

Le novità sono immediatamente operative e si applicano ai nuovi contratti a termine stipulati a partire dal 14 luglio 2018 nonché alle proroghe e ai rinnovi di contratti già essere al 14 luglio 2018, successivi al 31 ottobre 2018. Nel dettaglio, la disciplina transitoria viene affrontata qui di seguito.

* Consulente del lavoro, docente CUOA Business School, Faculty MBA Imprenditori

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Photo credit: Andrea Ravanetti