di Roberto Giunta, CUOA Business School
e Diego Campagnolo, Università di Padova e CUOA Business School
I primi risultati della ricerca Be International Be Digital
La letteratura scientifica ha promosso una visione sequenziale del processo di internazionalizzazione. Secondo questa visione le imprese esplorano i mercati esteri solo dopo aver ottenuto un vantaggio nel mercato domestico,partendo dall’esportazione in mercati geograficamente vicini, per passare poi a investimenti diretti e ad aree geograficamente e culturalmente più lontane una volta consolidata la posizione competitiva e la conoscenza del mercato stesso. L’approccio sequenziale ha finito per privilegiare le grandi imprese e per relegare le PMI a un ruolo quasi esclusivo di esportatori. Tuttavia, le opportunità che la trasformazione digitale abilita, offrono spazi per ripensare questi modelli, immaginando nuovi processi di internazionalizzazione accessibili anche alle piccole e medie imprese. La trasformazione digitale può rappresentare un volano per i processi di internazionalizzazione, indipendentemente dalle logiche tradizionali sia nelle modalità di ingresso dei mercati esteri, sia nelle dimensioni delle imprese internazionali.
La ricerca Be International Be Digital sta indagando il rapporto tra scelte di internazionalizzazione e trasformazione digitale attraverso 11 casi di studio che abbiamo intervistato nei mesi scorsi (Baxi, Better Silver, Bravo, Caseificio Elda, DAB Pumps, Filoblu, Nesite-Transpack Group, ONO Exponential Farming, Sariv, Stevanato Group, Texa,).
Le aziende del campione sono state selezionate prescindendo da improbabili pretese di rappresentatività, ma con l’obiettivo di assicurare varietà settoriale, nelle posizioni occupate lungo la filiera e nel livello di maturità digitale. Alcuni dei risultati che stanno emergendo sono riassunti in questo breve articolo.
In primo luogo, l’analisi mette in evidenza come le aziende stiano sfruttando diversamente le potenzialità della trasformazione digitale e in modo non necessariamente deliberato. Per alcune la digitalizzazione ha potenziatola resilienza agli shock del mercato, per altre ha reso possibili nuove opportunità di sviluppo internazionale. Per le imprese che avevano già una presenza estera, la digitalizzazione ha semplificato e agevolato relazioni(collaborative) fra headquarter e filiali estere, per altre ha consentito di consolidare la presenza nei mercati internazionali attraverso l’acquisizione di nuovi clienti.
Le aziende del campione presentano differenti livelli di maturità digitale, sia perché hanno intrapreso la trasformazione digitale in tempi diversi, sia perché hanno coinvolto un numero diverso di processi aziendali. Alcune aziende hanno iniziato un percorso di digitalizzazione da oltre dieci anni, ben prima che si iniziasse a parlare di Industria 4.0. Altre, le cosiddette “digital born global”, hanno intrapreso il processo di internazionalizzazione fin dalla loro origine, grazie al digitale. In generale, è diffusa la percezione secondo cui l’utilizzo delle tecnologie digitali migliori la competitività internazionale e il livello di penetrazione dei mercati esteri.
Inoltre, è comune l’idea secondo cui il digitale permette una migliore gestione del know-how aziendale e di superare alcune barriere legate allo sviluppo internazionale. La distanza psichica (l’insieme delle differenze politiche,linguistiche e culturali) e la distanza geografica con i mercati esteri sono ostacoli di minore portata grazie alla quantità, qualità e tempestività dei dati che l’impresa può raccogliere, generare o gestire grazie al digitale(i cosiddetti big data). Le aziende hanno segnalato l’importanza di definire una strategia di analisi dei dati affinché si possano estrarre informazioni significative per indirizzare le scelte strategiche.
La trasformazione digitale cambia il modo in cui si approcciano i clienti, specialmente quelli più lontani geograficamente e culturalmente. Il marketing digitale, ricorrendo agli strumenti di marketing automation e CRM, permette di realizzare delle campagne personalizzate per il cliente, certamente più efficaci rispetto alle tradizionali, e spesso generaliste, esperienze di engagement. La creazione e gestione dei contenuti attraverso piattaforme digitali ha consentito ad alcune aziende del campione di individuare nuovi bisogni e di proporre un sistema di offerta customizzato nel prodotto e/o nei servizi aggiuntivi.
Il digitale, attraverso l’e-commerce, ha aperto nuovi canali commerciali,diventando un’attività chiave nelle scelte strategiche delle imprese internazionali. Le aziende che esportano non possono prescindere dall’uso dell’e-commerce. Il commercio online, integrandosi alle logiche tradizionali in una strategia omnichannel,permette di raggiungere i consumatori attraverso investimenti ridotti. Gli eventi fieristici, le vendite in-store o tramite intermediari e distributori, preservano un ruolo rilevante per tutte quelle aziende che sanno integrare i canali tradizionali e digitali, attraverso scambi informativi a due vie. Non è, infatti, solo l’online a fornire informazioni utili per l’offline, ma viceversa l’interazione personale tra cliente e azienda può offrire informazioni utili anche per l’online.
A livello organizzativo il digitale permette all’azienda di essere più flessibile ed efficiente. A partire da un cambiamento nel modello di business, alcune aziende intervistate hanno dichiarato di avere automatizzato i loro processi core per limitare i costi e mantenere elevati livelli di produttività. In un’era in cui le catene del valore sono globali e disperse geograficamente, risulta sempre più difficile coordinare la produzione e gli stabilimenti a livello internazionale. In questa direzione, le nuove tecnologie sono strumenti che facilitano le interazioni, lo scambio di conoscenza e il coordinamento all’interno del gruppo, dove tende a scomparire la distinzione tra sede centrale e sedi periferiche. Le subsidiary non sono più un luogo isolato in cui vengono eseguite le scelte strategiche della sede centrale, ma diventano un luogo in cui è possibile realizzare le best practice da condividere con il resto del gruppo. Immaginare che l’innovazione si generi esclusivamente nella sede centrale e venga diffusa in logica gerarchica, appare anacronistico rispetto ai tempi dell’innovazione e all’esigenza di cambiamento che richiede il mercato, oltre che potenzialmente dannoso per la motivazione delle persone che operano nelle sedi estere. Al contrario,un’accorta gestione degli strumenti digitali favorisce la reale applicazione di strategie di internazionalizzazione transnazionali che consentono di cogliere, contemporaneamente, i vantaggi della standardizzazione globale e dell’adattamento locale.
Questi sono solo alcuni dei risultati che stanno emergendo, la ricerca terminerà nei prossimi mesi. I risultati di cui abbiamo dato conto confermano l’esistenza di un legame bidirezionale tra digitalizzazione e internazionalizzazione: lo sviluppo internazionale può avvantaggiarsi della digitalizzazione e il digitale può favorire lo sviluppo internazionale. È bene tenerne conto.