di Franco Bocchini*
Innovare, perché?
Perché l’innovazione è l’unico vero motore di sviluppo, ma anche perché è l’unico modo efficace per affrontare con successo una competizione globale sempre più significativa, per adeguarsi a un cambiamento sempre più rapido.
Ogni altro approccio è perdente, non è pensabile ricorrere al protezionismo – che dura poco perché penalizza la clientela e indebolisce le imprese, rendendole meno capaci di competere nel momento dell’inevitabile crollo di barriere artificiali – specie in un mondo ormai iperconnesso, in cui le catene del valore non conoscono confini e le specializzazioni fanno la differenza.
Si pensi all’esempio dell’automotive, settore maturo e assai competitivo, in cui molte eccellenti e innovative imprese italiane recitano un ruolo da protagoniste nella fornitura di sistemi anche complessi ai costruttori tedeschi.
Neppure è immaginabile rinunciare a garanzie e stili di vita acquisiti, pena un forte malcontento che sfocerebbe prima o poi in rivolta, anche quando si tratti di privilegi sbagliati e inutili più che di diritti veri e propri.
Innovare, dunque, ma come?
Soprattutto facendo leva sulla curiosità, sulla voglia di capire i problemi, anche quando non sono evidenti, sapendo che tutto può essere migliorato e provando a pensare “out of the box” per trovare opportunità differenti e talvolta sorprendenti.
Anche con l’ausilio di strumenti che aiutino a ragionare sulle difficoltà da affrontare, sulle soluzioni da trovare, sulle necessità da soddisfare, sulle leve da utilizzare. A identificare punti di forza e debolezze, opportunità da sfruttare e minacce da fronteggiare. A presentare la propria idea nel migliore dei modi per convincere possibili investitori, clienti e partner di ogni genere… eventualmente anche all’interno dell’impresa dove già si opera.
Avviare un progetto innovativo non significa necessariamente e solo fondare una start-up, ma anche applicarne le metodologie in ambiti strutturati, con il medesimo impegno, con la stessa passione.
Lavorando duramente, sia chiaro, perché anche la migliore idea non si realizza da sola e, anzi, costituisce solo la base di partenza. Sono le “operations” a fare la differenza, è il team a portare al successo un progetto oppure a lasciarlo fallire.
Del resto, lo diceva già Thomas Alva Edison (sì, l’inventore della lampadina e di molto altro) con oltre mille brevetti depositati: innovation is one percent inspiration, ninety-nine percent perspiration.
Il vino è un mondo a parte?
No, la competizione certamente non manca e anzi si acuisce, il prezzo medio non è destinato a crescere e bisogna lavorare sul contenimento dei costi riducendo gli sprechi, ma senza rinunciare alla qualità, sulla comunicazione, sulle garanzie da fornire al consumatore, sull’ideazione di nuove proposte, sul recupero di valore in modo collaterale.
Si può e si deve innovare in vigna e in cantina, nell’organizzazione e nella comunicazione, nelle attività di contorno e nell’approccio al mercato, anzi, ai differenti mercati. Si può e si deve innovare qualunque cosa, coniugare quel bene prezioso che è la tradizione con le tecnologie più all’avanguardia e con nuove idee in grado di dare un contributo alla costruzione di un futuro vincente.
Innovare, innovare sempre con l’obiettivo di risolvere problemi, di fornire soluzioni, di soddisfare bisogni. Anche prendendo qualche rischio “ragionato”, sulla base di uno studio attento, di un’analisi approfondita, di una sperimentazione adeguata.
*Faculty Member del corso executive L’Innovazione del vino, percorso di specializzazione Executive Master in Wine Business
Sui temi dell’innovazione del settore vitivinicolo scopri il corso L’Innovazione del vino in partenza il 23 maggio 2019