di Marco Doria*
Se approcciate da un punto di vista finanziario, le operazioni di acquisizione sono assimilabili a tutti gli effetti ad un processo di investimento e, di conseguenza, devono seguire le metodologie di analisi e di valutazione cui normalmente sono sottoposti tali progetti.
Data la loro natura e poiché trattasi di decisioni caratterizzate da flussi in uscita (certi) anticipati rispetto ai flussi in entrata (attesi), spesso viene a determinarsi un fabbisogno di risorse iniziali di notevole entità e l’impossibilità di ottenere la necessaria copertura può comportare l’abbandono del progetto a prescindere dalla sua rilevanza strategica per l’azienda.
Dal punto di vista della sua manifestazione temporale il fabbisogno finanziario complessivo di un’acquisizione si origina in due momenti distinti:
(a) al momento del closing, per coprire il fabbisogno connesso al pagamento del prezzo pattuito della transazione
(b) in un momento successivo, per gestire l’integrazione (a volte complessa) tra le due società oltre che per l’attuazione degli obiettivi dell’acquisizione.
L’attenzione per il rispetto degli obiettivi temporali nasce dal fatto che mentre i potenziali vantaggi finanziari conseguenti al raggiungimento delle sinergie industriali alla base della stima delle prospettive di recupero dei flussi di cassa sono soggetti ad un grado di aleatorietà talora elevato, gli impegni connessi al finanziamento dell’operazione sono, come detto, certi ed -aggiungiamo- inderogabili. Ben si comprende quindi come uno squilibrio temporale fra i flussi di diverso segno (cash out vs. cash in) nel contesto aziendale potrebbe produrre conseguenze anche gravi sulla struttura e sull’equilibrio finanziario complessivo.
Queste considerazioni spiegano l’importanza di un’accurata programmazione dei fabbisogni e delle coperture finanziarie ovvero di quell’attività che potremmo ben definire come il “lato oscuro” del più ampio processo di M&A costituito non solo dalla selezione della target (a seguito delle opportune valutazioni strategico-industriali che ne rappresentano i presupposti di convenienza) o dalle fasi di Due Diligence e di successiva negoziazione degli accordi di partnership sulle quali invece si concentra spesso l’attenzione maggiore.
Si devono ricordare infatti queste poche ed essenziali regole:
(I) il fabbisogno finanziario complessivo generato dalle acquisizioni è spesso di entità rilevante (anche rispetto alle dimensioni dell’impresa acquirente)
(II) tale fabbisogno risulta concentrato nel tempo (perché si manifesta in larga parte contestualmente alla girata delle azioni ovvero al closing)
(III) le modalità di copertura del fabbisogno esercitano un notevole impatto sulla struttura finanziaria dell’impresa acquirente
(IV) tali modalità devono essere valutate alla luce dei piani finanziari complessivi di medio-lungo periodo
(V) esse richiedono comunque il mantenimento di un adeguato margine di manovra e di flessibilità per eventuali operazioni finanziarie future
(VI) infine, il finanziamento delle operazioni di M&A è spesso effettuato con strumenti di tipo non ordinario che presuppongono rapporti finanziari con intermediari talvolta non abituali (es.: merchant bank o istituti specializzati in operazioni di finanza straordinaria).
I fattori principali che si pongono all’origine del fabbisogno finanziario di un’operazione di acquisizione (e che ne influenzano il livello complessivo) sono rappresentati dai costi diretti dell’acquisizione, dai costi legati alla gestione ed integrazione della società acquisita e dai costi connessi allo sfruttamento delle sinergie.
I costi diretti dell’acquisizione sono notoriamente composti non solo dal prezzo negoziato, ma anche dalla posizione finanziaria della target (al netto dell’eventuale surplus di disponibilità immediate) così come dai costi di transazione finanziari e legali derivanti dal ricorso agli advisors.
I costi legati alla gestione ed integrazione della società acquisita invece comprendono i fabbisogni conseguenti al supporto del capitale circolante, i costi che normalmente si sosterranno per il recupero delle efficienze gestionali (come ad esempio i costi per la liquidazione dell’eventuale personale in esubero piuttosto che quelli per l’adeguamento dei sistemi informativi, o piuttosto quelli per la formazione, l’integrazione ed il coordinamento delle strutture) ed infine gli investimenti necessari per riportare la gestione alle condizioni desiderate dall’acquirente.
I costi collegati allo sfruttamento delle sinergie, da ultimo, comprendono tipicamente i costi di Ricerca e Sviluppo, quelli di marketing e distribuzione ovvero quei costi necessari a realizzare gli effetti sinergici che si intendono raggiungere attraverso l’acquisizione.
Una situazione particolare si viene a determinare quando la strategia dell’acquirente comporta una ristrutturazione aziendale completa che prevede anche il decentramento di alcune attività precedentemente svolte all’interno. In una tale fattispecie pur trattandosi di attività necessarie per il business di riferimento, si può decidere di esternalizzare l’attività tenendo conto dell’emergere di due conseguenze di opposto segno: alle risorse derivanti dal disinvestimento si contrappone un consistente aggravio del conto economico.
In definitiva, l’analisi di questi aspetti mira a mettere in evidenza non tanto la necessità di disporre di congrue risorse finanziarie sin dal momento del closing dell’operazione, quanto di pianificare l’intero ammontare dei fabbisogni sin dalla progettazione dell’operazione e sulla base dei momenti successivi in cui si stima si manifesteranno le uscite: ciò permetterà, di conseguenza, di programmare con la dovuta oculatezza le forme tecniche di copertura più opportune.
*CFO Corvallis Holding, Club Member CUOA
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