di Ugo Morelli*
L’economia circolare, ponendo al centro la rilevanza dei luoghi, integra il capitale economico, naturale e sociale in un modello imprenditoriale e manageriale innovativo, che mira alla sostenibilità e all’appropriatezza dello sviluppo.
I luoghi, che diventano per noi paesaggi della nostra vita, contesti territoriali e ambientali, non sono solo lo sfondo dell’attività delle imprese, ma, oltre a dar vita all’industrial clime nel quale le iniziative economiche nascono e si sviluppano, oggi sempre più diventano condizione prioritaria per le strategie, la produzione e la competitività.
Se per circolarità e sostenibilità possiamo intendere l’azione dei soggetti economici capace di garantire la riproducibilità delle risorse che utilizza, e di valorizzare i contesti ambientali e paesaggistici come fattori costitutivi del successo aziendale, è possibile riconoscere che la circolarità e la sostenibilità sono convenienti.
I vantaggi competitivi evidenti che un’azione imprenditoriale e manageriale può ricavare, richiedono un’attenzione e competenze gestionali innovative in grado di occuparsi in modo evoluto sia della circolarità e sostenibilità economica, che di quella sociale, e di quella ambientale.
In particolare, nei distretti industriali italiani e ancor più in quelli del Nordest, l’integrazione fra fattori ambientali, culturali ed economici è la chiave del modello di sviluppo. Oggi le imprese che operano in quei contesti hanno l’opportunità di fare un salto di qualità riconoscendo l’ambiente, il paesaggio, la circolarità e la sostenibilità come fonti di vantaggio competitivo, sia nella creazione distintiva del prodotto, sia nella comunicazione e nel marketing, sia nella cura della qualità della vita di lavoro interna alle imprese, come condizione della produttività e delle strategie commerciali.
Il riconoscimento alle Dolomiti come patrimonio mondiale Unesco è un importante fattore da valorizzare in coerenza con le strategie proprie di un’imprenditoria e di un management basati sulla circolarità, sulla sostenibilità e l’innovazione. Per raggiungere questi obiettivi l’imprenditorialità e il management basati sulla circolarità e la sostenibilità hanno bisogno di orientamenti culturali e competenze innovative da innestare sulle professionalità esistenti.
La consapevolezza della necessità di individuare un nuovo modello per lo sviluppo che ha caratterizzato l’inizio del Ventunesimo secolo è matura per essere tradotta in pratiche concrete. L’evidenza è che la circolarità e la sostenibilità sono convenienti in economia. Per arrivarci dobbiamo cercare di far fronte al tramonto della modernità espansiva e renderci conto che lo sviluppo deve assumere dimensioni qualitative. Sia i modelli di riferimento che le prassi dell’azione imprenditoriale e manageriale necessitano di una profonda trasformazione e l’alta formazione può contribuire a trovare nuove vie per essere competitivi nel presente. Il modello economico globale che ha dominato la scena fino a ieri è da considerare come superato, ma ci sono anche grandi opportunità di innovazione e cambiamento che stanno già mostrando la propria efficacia.
Non mancano riferimenti internazionali come l’“Agenda 2030 dell’Onu”, che vuole correggere in modo significativo il modello economico mondiale, e l’enciclica papale “Laudato si’” che sostiene che l’egemonia economica debba essere arricchita dall’attenzione alla giustizia sociale e alla qualità dell’esistenza delle popolazioni sul pianeta, e richiede maggiore responsabilità etica a tutti i livelli. L’Agenda 2030 punta su un’economia verde con attenzioni sociali, mentre l’enciclica immagina un’età basata su un cambio di mentalità eco-solidale.
La modernità espansiva richiede una profonda ridefinizione. Più questo punto di vista si diffonde nel mondo, più si attenua il discorso sullo sviluppo e con esso anche quello sul post-sviluppo. In tal modo i problemi delle società non sono più concepiti come problemi legati allo sviluppo ed è urgente che si modifichino le strutture mentali con cui governiamo e dirigiamo le imprese e i sistemi locali. Al momento è spesso ancora popolare pensare in termini campanilisti, mentre è necessario e urgente creare una narrativa della nostra condizione globale, alla luce della quale riconoscere e valorizzare il locale, non trascurando la rilevanza dell’etica eco-solidale. L’etica eco-solidale sottopone a critica la mentalità campanilista e anche un certo globalismo, e sostiene un cambiamento culturale, sia locale che globale, consolidato da forme di economia circolare, sostenibile e cooperativa e una politica orientata al bene comune.
*Professore di Scienze Cognitive