di Diego Campagnolo*
La trasformazione digitale può accelerare i processi di sviluppo internazionale. È un dato che abbiamo già sottolineato in questo blog e che emerge dai risultati della ricerca Be International Be Digital.
Ricorrendo agli strumenti del marketing digitale l’impresa può raccogliere dati sui mercati esteri in modo più efficiente rispetto a logiche basate sulla presenza diretta. A loro volta, gli strumenti del marketing digitale assicurano profondità del dato, arrivando a conoscere informazioni sui mercati esteri che solo con anni di esperienza si può immaginare di sviluppare.
Non sono gli unici vantaggi che la trasformazione digitale può favorire. A partire da questi dati l’impresa può immaginare soluzioni customizzate sui singoli mercati esteri offrendo in questo modo sistemi di offerta maggiormente aderenti alle richieste dei clienti internazionali. Ancora, la trasformazione digitale abilita adattamenti del modello di business coerenti con un miglioramento del livello di servizio. Basta pensare a tutte le imprese “costrette” a garantire servizi di assistenza che grazie all’IOT e alle logiche di manutenzione predittiva e preventiva possono offrire contemporaneamente servizi più efficaci e più efficienti perché on demand, solo se e quando serve. Tali servizi assicurano non solo una fattiva gestione delle attività (e delle opportunità) post-vendita ma anche una maggiore conoscenza delle logiche d’uso del prodotto e, come conseguenza, l’alimentazione di un circolo virtuoso di innovazione.
Se a questo tipo di effetti si associano quelli legati a una gestione più efficace dei rapporti tra filiali, il digitale diventa un volano per lo sviluppo internazionale grazie ai processi di apprendimento che riesce ad abilitare.
Va sottolineato, tuttavia, che il digitale riduce (in maniera inequivocabile) le distanze, ma non annulla le differenze tra mercati. Resta in capo all’impresa la capacità di analizzare e “sfruttare” tali differenze a proprio vantaggio. Detto in altre parole, il digitale può accelerare i processi di internazionalizzazione, può ridurre i rischi dovuti alla non conoscenza del mercato, ma non li semplifica. Anche questo è un dato che emerge anche dalle interviste che stiamo conducendo nell’ambito della ricerca Be International Be Digital:
Non è facile entrare in un mercato straniero aprendo semplicemente una piattaforma di vendite online: esiste un concetto di trust molto forte anche nell’online. Il consumatore possiede un sentimento di fiducia maggiore verso quelle piattaforme che sono del suo stesso Paese di origine. In aggiunta, per poter vendere all’estero tramite i canali online, non possiamo sottovalutare gli investimenti in campagne SEO e advertising specifiche per il mercato di riferimento, oltre che i continui aggiornamenti sulle nuove modalità di vendita e pagamento. [Imprenditore del settore Orafo]
Questo significa che le imprese non devono correre il rischio di generalizzare immaginando che il digitale possa creare un mercato virtuale uniforme e privo di confini. La letteratura scientifica ha dato un nome a questo rischio: “Virtuality trap-psychic distance paradox”*.
Teniamone conto.
*Yamin, M. & Sinkovics, R.R., 2006, Online internationalisation, psychic distance reduction and the virtuality trap, International Business Review, Vol. 15, No. 4, p. 339-360.
*Professore di Organizzazione Aziendale, Università di Padova e Direttore Scientifico MBA Imprenditori