di Francesca Pedrazza Gorlero *
Quando si chiede a un imprenditore perché vuole innovare, le risposte sono solitamente le seguenti: per tenere il passo con i cambiamenti e la concorrenza, lo richiede il mercato, sono cambiate le richieste dei consumatori, sono cambiate le Leggi, c’è una nuova tecnologia, vogliamo aumentare l’efficienza e ridurre i costi.
Tutte valide ragioni, o meglio, ‘reazioni’ a uno stimolo esterno, che induce, a volte obbliga, al cambiamento. E così, spesso, la necessità di innovare non porta con sé l’evoluzione strutturale, la mentalità di gestione e la cultura operativa che sono fondamentali perché l’innovazione produca i suoi frutti.
Vale in ogni campo, ma anche e soprattutto nel settore vitivinicolo, dove ‘innovare la tradizione’ è fondamentale per consolidare e far crescere il primato produttivo italiano, che vacilla sui mercati internazionali di fronte all’aggressività del Nuovo Mondo.
Non è la migliore tecnologia a determinare il successo sul mercato, ma la capacità di tradurre la tecnologia in valore sul mercato.
Il vino italiano deve prevedere il suo futuro.
Ma cos’è l’innovazione nell’universo del vino, cosa significa e a cosa serve innovare nel vino italiano?
In Italia ogni vino è unico. Vinificare è insieme un’arte e una scienza. Un’alchimia che combina le svariate tipologie di suolo, il clima, i vitigni e le tecniche di produzione offrendo, nella loro coincidenza, prodotti profondamente diversi. Le nuove tecnologie sostengono sempre più ogni fase del prodotto vino: dalla vigna alla vendita, ma ogni innovazione deve avere come fine la competitività e profittabilità dell’impresa e deve partire con un’attenta valutazione del mercato, della concorrenza e dei prodotti esistenti, delle proprie capacità e degli investimenti strategici necessari o delle alleanze da perseguire.
Innovare è necessario e inevitabile.
Un progetto di innovazione nel vino può riguardare le tecniche di coltivazione e produzione, ma anche il packaging, le bottiglie, i tappi o nuovi modelli di business, quali l’applicazione nel settore cosmetico o l’enoturismo. Ma in ogni caso…
“Il vino italiano è un prodotto talmente carico di valore sul mercato che può e deve investire nei diversi tipi di innovazione – sostiene Diego Begalli, Professore Ordinario di Economia ed Estimo Rurale presso il dipartimento di Economia Aziendale dell’Università degli Studi di Verona e Direttore Scientifico dell’Executive Master CUOA in Wine Business – ma si deve seguire una strategia tesa a valorizzarlo e a sottolinearne la capacità distintiva sui mercati e, soprattutto, a difenderlo dai tentativi di imitazione e contraffazione. È necessario innovare anche la comunicazione. Si deve passare da un atteggiamento reattivo-difensivo a uno propositivo.
Il messaggio che il vino italiano deve trasmettere all’estero è che ‘se un vino si paga troppo poco, deve avere qualcosa che non va’. Potrà essere bevibile, ma non avrà mai la capacità di donare l’esperienza unica e l’emozione che solo la cultura, la storia e la tradizione dei terroir italiani è in grado di offrire. In quest’ottica è nato il progetto sulle etichette intelligenti per i vini IGT veneti, progetto di ricerca innovativo, finanziato dalla Regione Veneto, che sarà realizzato nell’ambito del programma di Sviluppo rurale 2014-2020. La ricerca è prodotta in sinergia tra i dipartimenti di Economia aziendale e di Informatica dell’Università degli Studi di Verona e Vignaioli Veneti, la cooperativa di produttori di vini veneti di alta qualità. L’etichetta intelligente è pensata per essere uno strumento a garanzia del rapporto di fiducia tra azienda e cliente, associando in modo univoco il codice QR e l’etichetta della singola bottiglia di vino. Il QR code darà accesso a un sistema informativo su cui veicolare il brand aziendale e offrire informazioni sulla qualità intrinseca del vino, sull’identità territoriale e i metodi di produzione, proteggendolo nel contempo dal rischio di contraffazione”.
Il vino italiano deve imparare a raccontarsi, valorizzando i propri caratteri distintivi.
Un Amarone non è uguale a un vino delle Langhe, una Falanghina del Sannio non è un Fiano di Avellino e non solo perché sono vini diversi, ma perché sono ambasciatori di diversi territori, tradizioni, culture e storia.
L’innovazione tecnologica può essere di grande aiuto nel difficile compito di declinare il brand Vino Italiano nelle sue infinite varietà. I social media, i blog e le nuove tecnologie digitali sono oggi lo strumento privilegiato per rivedere la comunicazione diretta con il mercato internazionale, ma vanno usati con la consapevolezza che la forza della comunicazione del singolo brand non può prescindere dalla difesa del sistema Italia che, oggi più che mai, dovrebbe pensarsi ‘all’attacco’, ma il sistema Italia non ha bisogno di essere aggressivo: possiede le risorse per conquistare e ‘sedurre’ il mercato, va da sé che la fascinazione offre risultati ben più duraturi della guerra.
*Team di Progetto Executive Master in Wine Business
Wine Management Orientation Evening
29 luglio 2019, dalle 18, CUOA Business School