È risaputo, la causa radice del declino economico Italiano risiede nella scarsa produttività del Bel Paese. La produttività misura la quantità di valore che si estrae da una unità di input. Se confrontiamo i dati della produttività del lavoro tra Germania e Italia dal 1995 al 2017 ci accorgiamo che l’Italia è cresciuta dello 0,4% annuo, mentre la Germania del 1,6% annuo. Ecco spiegato il gap tra Italia e chi in Europa ha ingranato una marcia più alta.
Il problema della produttività italiana in realtà inizia alla fine degli anni Settanta e quindi ha una lunga incubazione di più di tre decenni. Ovviamente le soluzioni al problema non possono e non devono essere piccole, ma devono essere riforme strutturali a mercato del lavoro, welfare, educazione, PA e non da ultimo l’adozione delle tecnologie digitali (Industry 4.0). Accanto ai soliti sospetti c’è un’altra ragione che spiega la scarsa produttività delle nostre imprese: la gestione e il management.
Ricerche internazionali mostrano come le pratiche di gestione snella (qui denominate OELM, Operational Excellence e Lean Management) spiegano gran parte della maggiore produttività tra le aziende che adottano queste pratiche in modo sistematico e quelle che non le adottano o le adottano solo superficialmente.
E in Italia qual è lo stato di diffusione delle pratiche OELM?
Al di là di molte evidenze aneddotiche legate a casi di eccellenza e di qualche studio quantitativo con limitate capacità di generalizzazione, mancano delle evidenze sistematiche del grado di diffusione di buone pratiche manageriali, soprattutto per le nostre piccole/medie imprese manifatturiere e del loro impatto effettivo su indicatori economico-finanziari e di produttività.
La ricerca condotta dall’Università degli Studi di Padova e CUOA Business School, sotto il coordinamento scientifico del prof. Andrea Furlan e in partnership con Intesa 4 Value e Considi, è la prima ricognizione sistematica in Italia sulla diffusione delle pratiche di gestione snella.
L’indagine si basa sulle imprese manifatturiere e ha raggiunto ormai le 454 imprese rispondenti, soprattutto nel Nord Italia, con una buona presenza anche nel centro. L’obiettivo è raggiungere una maggiore copertura, sia numerica che geografica, al fine di dare uno spaccato rappresentativo del nostro sistema industriale.
I primi risultati sono eclatanti.
Anche se le pratiche OELM non sono molto diffuse tra le nostre imprese (circa il 10% le adotta in modo continuativo), le differenze in termini di reddittività tra i migliori e i peggiori sono abissali.
Un numero su tutti: le imprese avanzate hanno quasi il 17% di produttività in più in termini di valore aggiunto per addetto. Al di là di tanti progetti e favole su come cambiare il nostro Paese, basterebbe solo questo per riportare il nostro sistema industriale ai livelli di competitività persi da tempo.
Le aziende che adottano almeno qualche tecnica Lean sono il 49% del totale. Questa percentuale può essere però fuorviante. Se infatti si distinguono le imprese che adottano solo superficialmente la Lean da quelle che adottano in modo strutturato il sistema di gestione snella le percentuali cambiando radicalmente. Infatti, solo il 10% delle imprese si possono definire advanced dal punto di vista della diffusione delle tecniche Lean. È proprio nel confronto tra queste imprese e il resto del campione che emergono le differenze più significative.
Le imprese advanced sono più grandi (153 dipendenti medi rispetto a 43 delle imprese che non adottano la Lean), esportano di più (70% vs 38%) hanno più stabilimenti all’estero (39% vs 11%). Questi dati disegnano un profilo delle imprese advanced più strutturate, con maggiore presenza all’estero e maggiormente internazionalizzate.
È però nel confronto dei dati economico-finanziari che queste differenze si fanno maggiormente interessanti sotto il profilo della redditività e produttività delle imprese. Le imprese advanced hanno un EBITDA maggiore di più del 20% rispetto alle imprese che non adottano la Lean. Questo vuol dire che, su un fatturato di 50 milioni di euro, le imprese migliori guadagnano oltre 10 milioni di euro in più rispetto alle imprese che non applicano la Lean.
Ma non è finita qui. Il dato di produttività del lavoro è anche più eclatante. Il valore aggiunto per addetto è maggiore del 17%. Tradotto in termini monetari, per ogni singolo addetto le imprese advanced hanno un valore aggiunto per addetto annuo maggiore di circa 12.000 euro.
Nonostante queste differenze il sistema Lean non è diffuso e la sensazione è che non sia conosciuto o sia considerato da molti un approccio da “specialisti” o per specifici settori (esempio automotive). In realtà la vasta letteratura e l’ampio spettro di evidenze empiriche dimostrano il contrario.
La ragione della scarsa diffusione del Lean forse è legata alla sua giovinezza. Nonostante il Lean nasca dalla Toyota nel secondo dopoguerra e sia stato lanciato nel mondo occidentale con il libro “La macchina che ha cambiato il mondo” (Womack, Jones e Roos) nel 1990, per l’Italia essa rappresenta ancora una novità. Infatti, l’anno di introduzione mediano della Lean nel nostro campione è il 2012. Il Lean quindi è ancora un sistema giovane, acerbo, immaturo per le nostre imprese. Richiederà molto sforzo e investimento in formazione e cambiamento manageriale e organizzativo per creare un vero effetto leva per il nostro sistema.
Interessante infine notare che tra le imprese che adottano la Lean quasi la totalità (circa il 90%) implementa qualche tecnologia digitale, mentre non è vero il contrario. Questo significa che implementare tecniche Lean sensibilizza le imprese anche sui temi della (giusta) tecnologia da adottare e probabilmente riesce a creare le condizioni organizzative e operative necessarie per massimizzare il valore dell’investimento tecnologico.
Autore: Andrea Furlan, Direttore scientifico CUOA Lean Center
Osservatorio OELM – Operational Excellence and Lean Management
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