Il crescente interesse riguardo al peggioramento della situazione climatica dimostrato dalle istituzioni sovranazionali mondiali sta generando una sempre maggiore sensibilità ambientale nella cittadinanza. Sarà anche per questo che, ormai da diverso tempo e con sempre maggiore insistenza, si parla di finanza sostenibile e dell’opportunità per i risparmiatori di inserire nei loro portafogli, tra l’altro, fondi specializzati in green bond.
La stessa Christine Lagarde, appena insediata al comando della BCE, ha sottolineato come il tema del rischio climatico e ambientale dovrà essere considerato nelle prossime mosse della politica monetaria europea, lasciando quindi aperta la possibilità che le “obbligazioni verdi” possano rappresentare un adeguato collaterale per le banche nelle operazioni di mercato monetario.
Esattamente, in cosa consiste l’investimento sostenibile di cui con quotidiana frequenza sentiamo parlare?
La finanza sostenibile è, in sintesi, la traslazione del concetto di sostenibilità al campo finanziario. Consiste dunque nell’utilizzo di strumenti finanziari che investono in attività durature nel tempo, che abbiano un futuro, che facciano un uso etico e razionale delle risorse, senza compromettere la capacità di produrre valore e vivibilità nel tempo.
Gli investimenti applicati al concetto di finanza sostenibile vengono definiti investimenti ESG (environmental, social, governance), ovvero strumenti finanziari che applicano un metodo di selezione degli assets basato su determinati criteri ambientali, sociali e di governo societario.
Investire in modo sostenibile significa dunque rispettare precisi requisiti di sensibilità sociale: tener conto di cambiamenti climatici, inquinamento, sprechi e deforestazione per quanto riguarda l’ambiente; diritti umani, standard lavorativi e politiche di genere per quanto riguarda l’ambito sociale; infine, le logiche retributive del management, la composizione dei consigli di amministrazione, le procedure di controllo dei vertici societari con riferimento alle pratiche di governance.
E quali sono i criteri per riconoscere un investimento sostenibile? In particolare, quando un’obbligazione è un green bond?
Il 18 giugno 2019 è stato pubblicato dalla Commissione europea il “Taxonomy, technical report. Financing a sustainable european economy”, la proposta di tassonomia (regole di classificazione) delle attività economico-finanziarie elaborata da un team di esperti TEG (Technical Expert Group on sustainable finance). La proposta, ancora in consultazione, descrive una serie di criteri per attribuire una certificazione di elevate qualità ambientali agli strumenti finanziari, tramite un marchio che possa consentire a tutti i risparmiatori europei di riconoscere i prodotti finanziari che investono in titoli verdi.
Intanto una etichetta esiste già, si chiama Ecolabel e al momento viene applicata ai prodotti e ai servizi di consumo che rispettano elevati standard ambientali lungo l’intero ciclo di vita, dalla materia prima allo smaltimento.
In attesa della definizione precisa di questi standard, come possono i Consulenti Finanziari selezionare per i loro portafogli fondi specializzati in green bond?
Possono avvalersi del rating ESG (rating di sostenibilità) che rappresenta un giudizio sintetico circa la coerenza degli investimenti di un fondo dal punto di vista delle performance ambientali, sociali, e di governance. I rating ESG sono complementari al rating tradizionale e vengono elaborati da agenzie di rating specializzate. Per esempio, Morningstar (società specializzata in ricerche finanziarie a livello globale) ha unito le forze con Sustainalytics e ha reso operativi dal 31 ottobre 2019 nuovi rating di sostenibilità (Morningstar Sustainability Rating) per oltre 30.000 fondi.
I processi di elaborazione dei rating ESG si basano sull’analisi di diversi fattori tra cui: documenti aziendali, dati forniti dalle autorità di vigilanza, associazioni di categoria, informazioni pubbliche e informazioni raccolte da incontri con il management.
Concludendo: gli investimenti sostenibili si stanno ritagliano uno spazio crescente sia nell’offerta finanziaria che nell’attenzione mediatica. Non possiamo né dobbiamo ignorarli, e tantomeno considerarli come una moda. Dietro l’approccio sostenibile c’è al contrario sostanza e ci sono diversi buoni motivi per cui la diversificazione di portafoglio possa essere allargata anche a questi strumenti. Eccone alcuni:
- gli investimenti responsabili si stanno diffondendo sempre di più con una crescente domanda di strategie ESG nel processo di asset allocation, alimentata in primis dal desiderio degli investitori di allineare gli investimenti ai propri valori;
- negli ultimi anni, l’efficienza degli investimenti ESG (rapporto rendimento/rischio) ha superato quella di investimenti tradizionali;
- l’Unione europea chiederà alle banche anche un sistema di valutazione ESG per la misurazione del merito creditizio;
- è sempre maggiore il numero degli High Net Worth Individuals che ritengono importante fornire un aiuto concreto a creare un pianeta migliore;
- i due terzi degli investitori istituzionali (asset owners) considera i fattori ESG come uno dei primi 5 parametri in base ai quali scegliere un asset manager.
Autore: Fabio Contarin, Faculty Member CUOA Finance, Amministratore Delegato Ecomatica
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