Per molti di noi questo è un periodo di sosta forzata, sottomessi dal Coronavirus siamo blindati in casa da giorni e chissà per quante settimane ancora. Vediamola in positivo, non tutto il male viene per nuocere, abbiamo molto tempo a disposizione che possiamo/dobbiamo utilizzare proficuamente.
Per esempio, possiamo leggere un po’ più del solito, ascoltare buona musica, anche sognare magari facendo del fitness casalingo ed altro ancora.
È in questo contesto che mi sono trovato a riflettere sulla pandemia che ci ha assalito, una situazione surreale, quasi fossimo immersi in un film apocalittico.
Da tutto quello che si sente devo amaramente constatare che i Valori che permeano le nostre società, a livello locale, nazionale, globale si rivelano piuttosto miseri, inconsistenti, l’ego predomina. È bastato un virus, neanche dei più cattivi, per sconvolgere il mondo sia da un punto di vista sociale che economico.
Riflettendo su quest’ultimo aspetto, per la mia situazione professionale, la mia indole, il mio passato, mi sono posto una domanda:
se fossi un imprenditore obbligato a tenere chiusa la propria attività, con il fatturato a zero e l’angoscia di perdere i clienti, cosa farei? Come reagirei?
Rispondere non è facile e forse anche presuntuoso perché riprodurre in se stessi lo stato d’animo di altri è sempre un’operazione discutibile, cionondimeno mi è capitato e mi capita.
La risposta che mi do non è complessa: se fossi un imprenditore vorrei evitare di ripetere gli errori fatti durante la precedente crisi quella iniziata nel 2008 da cui stavamo uscendo proprio ora.
Quali errori? Un atteggiamento comune a numerose imprese è stato quello di bloccare ogni attività formativa a fronte di un fatturato estremamente ridotto, considerando la formazione una spesa/costo piuttosto che un investimento.
Ho sempre ritenuto questa scelta un atto di autocastrazione in quanto elimina i presupposti per l’apprendimento continuo esteso a tutti che, a mio avviso, rappresenta il principale elemento di competizione. In altre parole, usando una terminologia che mi è più cara, molti imprenditori hanno spento il pensiero LEAN.
Con il termine LEAN intendo un modo di gestire, un approccio, una leadership per il governo dell’impresa che fa della conoscenza il fattore vincente.
Spesso si ritiene che il pensiero LEAN abbia come obiettivo l’efficientamento dell’organizzazione (di cui abbiamo tanto bisogno), non è così, l’efficientamento organizzativo è una conseguenza.
Il vero obiettivo LEAN è l’apprendimento continuo tramite la sperimentazione per trovare soluzioni alternative, è la creazione della cultura del miglioramento estesa a tutti. È questo che produce efficienza e performance superiori al fine di garantire l’attenzione massima alle esigenze del cliente, il vero sponsor dell’impresa.
LEAN è l’antitesi della staticità, dello status quo, del mantenimento della propria confort zone, LEAN è un pensiero propulsivo, anche rivoluzionario, nonostante conti ormai oltre sessant’anni di storia.
Agire LEAN non è immediato, sappiamo quanto sia difficile, talvolta controintuitivo.
LEAN richiede un cambio di paradigma, un modo diverso di vedere la propria leadership. Non è facile mettersi in discussione, è molto faticoso perché non siamo abituati. Spesso il successo accumulato ci rende ciechi alla necessità di cambiamento/adattamento ritenendo erroneamente che il passato possa replicarsi nel futuro. Oggi ci è bastato un virus per farci capire questo.
È frequente trovare imprenditori che associano l’approccio LEAN all’applicazione di qualche tecnica di efficientamento, pensando così di snellire rapidamente i propri processi attendendosi risultati eclatanti come riportato in letteratura. Non funziona così! Si lancia un progetto e dopo alcuni mesi di gran fervore, non si riscontra alcun effetto significativo o si raggiungono miglioramenti poco rilevanti e il risultato è sempre il medesimo: ritenere che il modello LEAN non sia adatto alla propria impresa.
Talvolta si pensa di ricorrere al modello LEAN quando si è in stato di necessità perché il conto economico è in rosso da tempo, allora si ha fretta di fare risparmi importanti per rilanciare l’azienda. Accade meno dell’1% delle volte, la fretta è un pessimo consigliere.
Questo modo di pensare all’approccio LEAN rivela una conoscenza alquanto superficiale del modello, una preparazione inadeguata, una tendenza a ritenere che basti l’applicazione di qualche strumento per ottenere risultati importanti, ancora, non funziona così! Il pensiero LEAN ha una valenza culturale, deve essere studiato, compreso e diffuso a tutta l’impresa per dare risultati importanti.
Ma ora siamo immersi in questa pandemia che sta minando le fondamenta economiche del Paese, riusciremo a mantenere i clienti dopo questa sosta forzata? Mi auguro vivamente di sì, ma sono convinto che per raggiungere questo obiettivo dovremo dimostrare che stiamo lavorando per offrire loro qualità, affidabilità, servizio migliori di prima.
Se la fermata sarà lunga, sarà probabile che i clienti, per soddisfare le loro necessità, abbiano avuto contatti con competitors, dunque, dobbiamo prepararci ad essere migliori dei competitors per riprendere la quota di mercato storica e dal mio punto di vista ciò implica creare un’organizzazione più veloce a risolvere i problemi, più flessibile ai cambiamenti del mercato, spinta all’innovazione dei prodotti e dei processi. Tutto ciò non può prescindere dal focalizzarsi sull’apprendimento diffuso, continuo, esteso a tutti i membri dell’organizzazione ovvero dall’attuazione del pensiero LEAN.
La complessità è crescente su ogni fronte. Non basta più avere il guru del prodotto per vincere la competizione, è sempre più necessario avere una squadra di alto livello allineata a obiettivi chiari e condivisi che sappia lavorare in modo coordinato sul flusso del valore, ciò per cui il cliente paga.
Un giorno un imprenditore LEAN mi disse: un’azienda non può crescere se tutti i suoi membri non crescono. E dunque la mia riflessione finale è:
non confondiamo gli obiettivi con i metodi.
L’efficienza, il profitto, sono i risultati di tutti i processi aziendali: operativi, amministrativi, commerciali che coinvolgono tutte le persone. Ogni membro dell’organizzazione deve fare la sua parte, come tutti noi ora siamo chiamati a fare la nostra parte in merito al contagio.
Se vogliamo sopravvivere o ottenere risultati superiori dobbiamo avere persone superiori che lavorino in processi superiori focalizzati sul cliente, in altre parole che generino valore ed eliminino tutto ciò che crea costo che il cliente non è assolutamente disposto a pagare.
Spesso nelle mie riflessioni, forse per motivi di background scolastico, emerge l’immagine di Albert Einstein. Egli puntualizzava la stupidaggine di coloro che ripetendo le stesse azioni si aspettano risultati diversi.
Peraltro, Einstein ha sempre sostenuto che i momenti di crisi sono momenti di svolta, di crescita per l’umanità dove creatività e inventiva esplodono e chi sa cogliere le opportunità metterà le basi del successo futuro.
Concludo queste note con un’ultima considerazione: utilizziamo questa sosta forzata per approfondire maggiormente la conoscenza del modello LEAN, leggiamo qualche libro, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Quando questa pandemia finirà e gradualmente riprenderemo a stringerci la mano, il mondo potrà essere diverso e questo richiederà la revisione delle proprie strategie di business.
L’applicazione del modello LEAN è essa stessa una strategia per avere successo nel mercato post COVID-19.
Autore: Piermarcello Busetti, Faculty Member Lean Center CUOA