La pandemia da Covid-19 e la sospensione delle attività industriali, produttive e commerciali “non essenziali” imposta dal Governo italiano con il noto provvedimento DPCM 22 marzo 2020 ha causato e sta causando alle imprese l’impossibilità o la grave difficoltà nel fare fronte agli accordi assunti con clienti e fornitori. Nell’ambito del ciclo Gestire le imprese in tempi di incertezza promosso da CEFab by CUOA con l’attenta disanima di Elena Zambon (Partner Casalini-Zambon e Faculty Member CUOA Business School) si è indagato su quale sia la sorte dei contratti in essere, in particolare per le imprese colpite dal lockdown.
Fermo restando il principio secondo il quale “pacta sunt servanda”, lo stop delle attività produttive ordinato dalle autorità può costituire (quale factum principis) un evento di forza maggiore che consente alla parte che ne è colpita di andare indenne da responsabilità per l’inadempimento contrattuale connesso all’ordine dell’autorità. Anche nelle ipotesi in cui si possa invocare la forza maggiore tuttavia, come esaminato nel seminario di Elena Zambon dell’8 aprile 2020, le conseguenze possono variare a seconda che l’evento causi un’impossibilità ad adempiere solo temporanea o invece definitiva e in questo ultimo caso, totale o parziale.
In alcuni casi tuttavia la situazione creata dalla pandemia potrebbe non impedire l’esecuzione del contratto, ma renderla solo eccessivamente onerosa con conseguenze diverse rispetto a quelle previste in caso di forza maggiore. La risposta può variare da caso a caso.
Il governo non ha affrontato direttamente la questione della sorte dei contratti, tuttavia con l’articolo 91, 1° comma del Decreto legge n. 18/2020 (c.d. “Cura Italia”) poi convertito in legge (n.27 del 24 aprile 2020) ha precisato che: “il rispetto delle misure di contenimento […] è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”; benché in linea di diritto trattasi una norma inutile (quantomeno a giudizio di chi scrive) ha comunque il pregio di chiarire che il Giudice chiamato ad applicare la legge italiana deve tenere conto della situazione creata dalla pandemia nel decidere su domande di risarcimento del danno per inadempimento o per il ritardo nell’adempimento (causato dalla pandemia).
La situazione naturalmente può essere diversa da quella qui sopra sintetizzata se al contratto si applica una legge diversa da quella italiana o se il contratto prevede una clausola specifica che disciplina il caso della pandemia.
Cosa può fare dunque un imprenditore per gestire consapevolmente e adeguatamente la situazione sotto il profilo legale?
Per i contratti stipulati prima dello scoppio della pandemia deve verificare la legge applicabile al contratto e la presenza di clausole applicabili al suo caso ed adottare gli opportuni provvedimenti conseguenti.
Per i contratti stipulandi, viceversa, la scelta migliore è adottare clausole protettive in linea con le sue specifiche esigenze.
11 maggio 2020
Autore: Elena Zambon, Faculty member MBA Imprenditori e Partner Casalini-Zambon