Cosa abbiamo imparato dalla crisi del 2007 e quali leve mettere subito in atto.
Il contesto straordinario e problematico è noto a tutti; il blocco imposto per motivi sanitari ha avuto, a diversi livelli, impatti sulle singole attività economiche interrompendo il processo di creazione di valore per un certo orizzonte temporale, con tutti i problemi ovviamente connessi.
In realtà, l’elemento interessante da evidenziare è che un meccanismo di crisi simile (quanto meno sulle modalità con cui ha impattato sulle aziende) lo abbiamo già conosciuto e questo ci dovrebbe aiutare a comprendere come lo scenario odierno si evolverà e come poterlo affrontare.
Ci riferiamo in particolare alla crisi finanziaria del 2007 che ha avuto un impatto nell’economia reale di straordinaria violenza nell’autunno 2008 fino ad almeno ad aprile 2009. Più in generale quel periodo vide il tracollo del PIL (secondo dati di Banca di Italia di 6 punti percentuali abbondanti), che fu seguito dall’introduzione di misure messe in atto per sostenere le esigenze di liquidità delle imprese più o meno sintetizzabili in:
- utilizzo della sospensione del processo di rimborso dei debiti contratti con il mondo finanziario (moratorie)
- ampliamento del Fondo Centrale di Garanzia
- altri strumenti come i Tremonti Bond, i Finanziamenti Bei e Sace.
Oggi dunque, esattamente come 12 anni fa, a fronte della crisi si è cercato di dotare il sistema di liquidità per contenerne gli effetti negativi.
In verità, ripensando ancora al passato, la crisi del 2007 ha generato crisi aziendali e consecutivi fallimenti a partire dal 2011 ed è fondamentale comprendere il motivo di questa sequenza temporale. Nella situazione odierna, il reale problema non si verificherà nel 2020 e probabilmente neanche nel 2021 ma verosimilmente nel 2022 e negli anni successivi. È pertanto fondamentale capire quali variabili monitorare e quantificare per non farci trovare impreparati al momento in cui le tensioni finanziarie si manifesteranno in tutti i loro effetti.
Proviamo per un secondo a sintetizzare un breve ragionamento sulle dinamiche di cassa, ragionamento sicuramente non esaustivo per ciascuna azienda ma dimostrativo per intendere come i processi aziendali siano in grado di generare flussi di liquidità.
Le aziende, post crisi, sono state caratterizzate da una contrazione dei volumi delle vendite e questo ha permesso di liberare risorse “liquide” dal capitale circolante; nell’anno in cui il fatturato aziendale tende a diminuire, l’azienda mediamente acquista meno materie prime e incasserà i crediti dell’anno precedente relativi a un fatturato tendenzialmente superiore; questo vuol dire che in termini di cassa operativa l’azienda potrebbe addirittura trovarsi in una situazione migliore, senza rendersi conto, che la ricchezza che avrà a disposizione deriva in questa fase da un effetto negativo (contrazione del fatturato) ed è più precisamente di competenza dell’anno precedente, pre-crisi.
Se a tale fenomeno ci aggiungiamo l’effetto delle moratorie, che sono di fatto iniezioni di liquidità, l’anno della crisi potrebbe incredibilmente avere effetti positivi in termini strettamente finanziari!
Quando però il processo rischia di incepparsi? Il momento critico rischia di essere rappresentato dall’anno della ripresa del fatturato e con esso della ripresa del meccanismo del circolante (che chiaramente in questo caso tornerebbe ad assorbire liquidità); in tale anno l’azienda riprenderà anche a rimborsare le rate del medio lungo e rischierà probabilmente di esaurire rapidamente le risorse derivanti dal suo processo di cassa con non poche difficoltà nel far fronte ai suoi fabbisogni finanziari.
Tale meccanismo è particolarmente acutizzato soprattutto per quelle aziende che:
- pre-crisi sono caratterizzate da una situazione debitoria già pesante, soprattutto se sovra esposte sul breve termine
- manifestata la crisi non hanno messo in atto interventi di contenimento dei costi fissi in modo adeguato
- non hanno provveduto a simulare il futuro in funzione degli impegni finanziari per identificare gli obiettivi di cassa operativa necessari.
In questo contesto diventa fondamentale comprendere i fondamentali di cash flow del proprio modello di business per effettuare simulazioni prospettiche sui diversi orizzonti temporali
Quali meccanismi da valutare?
Ciascun modello di business è caratterizzato da precisi elementi che partecipano alla generazione/assorbimento della cassa operativa. Ad esempio:
- volume delle vendite e livello dei margini
- tempi di incasso e di pagamento.
I primi determinano flusso della gestione reddituale mentre i secondi quello del circolante; la somma dei due è pari alla cassa operativa. Determinate le 2 tipologie di flussi è fondamentale relazionarle al particolare momento che sta attraversando l’azienda (fatturato crescente, stabile o decrescente) per comprendere al meglio le cause dei risultati di cassa e, ad esempio, individuare casi di falsi positivi (come, ad esempio, quelli determinati dalla trappola del circolante fenomeno tipico delle aziende che pagano i fornitori prima di quando incassano dai clienti).
In realtà l’esercizio obbligato è quello di individuare l’esatto effetto del circolante perché ha un effetto trasversale negli anni e gioca un ruolo fondamentale (positivo o negativo che sia) sulla capacità di rimborso prospettico.
Quale struttura del debito corretta?
La regola aurea è la correlazione fra fonti ed impieghi: il breve si finanzia con il breve e il medio lungo con il medio lungo. Secondo questo incipit, mai finanziare il medio termine con il breve termine mentre sarebbe un optimum finanziare con il medio lungo il breve (questo per fornire il tempo necessario al margine di trasformarsi in cassa). La relazione fra margine e cassa è una relazione particolare, ma consideriamo come un assunto generale il principio per cui “un’azienda che realizza margine non è detto che produca cassa, mentre un’azienda che genera cassa ha un’altissima probabilità di realizzare margine”. Fatta questa premessa dobbiamo ricordarci che:
- l’indebitamento di breve termine serve a finanziare lo sfasamento temporale fra tempi di incasso e di pagamento, avendo ben chiaro che giorni clienti e giorni fornitori hanno una valenza finanziaria diversa (incassare 30 giorni prima non equivale finanziariamente a pagare 30 giorni dopo)
- Il miglior modo per finanziare il breve è l’autofinanziamento
- l’indebitamento di medio lungo invece deve essere ricondotto al concetto di rimborsabilità in quanto la cassa operativa generata dal modello di business deve essere superiore alle rate da rimborsare. In caso contrario, l’azienda correrebbe il rischio di pagare gli impegni a medio lungo con il breve termine andando ad ingessare la struttura finanziaria dell’azienda
- l’elemento critico da valutare non è tanto il costo del debito (a maggior ragione considerando i livelli dei tassi attuali), ma di rimborso dello stesso.
Necessità di effettuare previsioni
In un contesto di mercato simile, effettuare previsioni diventa fondamentale, in tutti gli orizzonti temporali, e sarebbe opportuno procedere con le seguenti scadenze:
- pianificazione a breve: intesa come gestione della tesoreria operativa quotidiana
- pianificazione a medio termine: fino ai 3 anni. Si tratta di un orizzonte fondamentale in questa crisi perché la nuova finanza è caratterizzata da un preammortamento fino a 24 mesi e vedrà quindi i primi rimborsi nel 2022
- pianificazione a lungo termine: oltre i 3 fino ai 5 anni. Si tratta di un orizzonte temporale valido e utile per le strategie di più ampio respiro.
Ricordiamoci che l’attendibilità delle previsioni è funzione inversa della lunghezza del periodo di riferimento e quindi nasce la necessità di effettuare simulazioni che non si risolvano in una mera variazione percentuale (in aumento e/o diminuzione) del fatturato, ma che riescano a quantificare il landing finanziario in relazione alla variazione congiunta di tutti gli elementi del circolante operativo (fatturato, margine, tempi di incassi e di pagamento).
Autore: Erik Giarratana – Faculty Member CUOA Finance, Commercialista, Studio Giarratana-Salin & Partners
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