Molte sono le domande che imprenditori e manager si stanno facendo in queste settimane in cui il picco dell’emergenza COVID-19 sembra (speriamo!) essere alle spalle, ma il futuro si presenta molto più incerto di prima: ci sarà una seconda ondata di contagi? Quando riprenderà l’economia? I mercati cambieranno? Cambieranno i gusti e i modelli di consumo dei consumatori? Si creeranno nuovi bisogni? Nasceranno nuovi settori? Come deve cambiare la strategia della mia impresa?
Mai come ora l’acronimo VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity) sembra perfettamente calzante nel descrivere il mondo in cui ci troviamo a vivere. Molti ritengono che le organizzazioni di fronte a questo “tsunami” debbano “cambiare pelle”, stravolgendo le proprie strategie e i propri modelli di business.
Bisogna, però, fare attenzione ai tanti falsi segnali che circolano in questo periodo (come in qualsiasi periodo di forte crisi e stravolgimento). Espressioni del tipo il mondo “pre-COVID-19”, il mondo “post-COVID-19” o “questa sarà la nuova normalità”, di fatto, amplificano questi segnali. Si assume, più o meno implicitamente, che dopo l’emergenza COVID-19 ci sarà un (triste) mondo, diverso da prima, nel quale lo spazio e il distanziamento sociale caratterizzeranno i nuovi modelli di business e lo smart working sarà il principale veicolo di creazione di valore.
Dobbiamo destarci da questa generale “ubriacatura” da virtualizzazione dell’economia e fondare le decisioni aziendali su solidi ragionamenti economico-manageriali suffragati da evidenze empiriche.
Non voglio minimizzare la portata del cambiamento che il COVID-19 avrà. Vorrei solo riportare il discorso entro i limiti della ragionevolezza sulla quale possiamo contare in questo momento. Questa ragionevolezza ci impone di evitare due errori opposti. Da un lato, credere che tutto cambierà, che le strategie delle imprese dovranno essere rivoluzionate per adattarsi a nuovi modelli di consumo e di interazione sociale, tutti da inventare. Dall’altro, considerare questa crisi un momento, certo traumatico, ma passeggero, aspettando che “passi la nottata”, per riprendete come prima. Questo periodo rappresenta, invece, una formidabile opportunità di apprendimento e guai a chi non lo usa per cambiare e migliorare.
Il punto è esattamente questo: cosa dobbiamo imparare e migliorare?
Quello che ci sta insegnando il COVID-19 è che le imprese devono avere la capacità di adattarsi a situazioni contingenti che cambiano, e cambieranno, sempre più velocemente. Questo adattamento deve essere repentino, ma non deve mettere in discussione la strategia dell’impresa. Essa rappresenta, infatti, il punto di arrivo di lungo periodo dell’azienda e una strategia che cambia di anno in anno crea solo confusione e danno all’organizzazione.
Ovviamente, tutto ciò parte dall’assunto che ci sia una strategia. Certo, le aziende senza strategia tenderanno a seguire il vento, cambiando l’assetto delle vele di conseguenza. Attenzione, però, così facendo evitare gli scogli per non affondare diventa un fatto di pura fortuna.
Nella capacità di cambiamento e di adattamento (che alcuni chiamano resilienza, un concetto che spesso rimane concettualmente, e teoricamente, vuoto), il Lean Thinking può avere un ruolo centrale. In effetti, il Lean è storicamente nato in Giappone, nel secondo dopo guerra, per fronteggiare la situazione di profondo dissesto economico e finanziario in cui si trovava Toyota. Il cambiamento è immanente al pensiero snello, ossia è una sua componente co-essenziale. Non si può immaginare un’azienda Lean che non cambi nel tempo, sarebbe una contraddizione in termini. Il Lean Thinking, se correttamente metabolizzato e implementato, aiuta a creare gli “anticorpi organizzativi” per far fronte a periodi di profondo cambiamento.
Tre casi concreti, riguardanti altrettante aziende che fanno parte del CLUB Member CUOA, possono esemplificare bene il legame tra Lean e cambiamento in tempo di COVID-19.
Labomar S.r.l.
Impresa operante nel settore degli integratori alimentati, ha usato lo strumento dell’Hoshin Kanri per implementare una serie di progetti utili a fronteggiare la crisi. Uno di questi progetti ha ridotto sostanzialmente il tempo a non valore aggiunto dei capireparto, che quindi hanno potuto dedicare più tempo a seguire il gemba, in un periodo così convulso.
Cartotecnica Postumia S.p.A
Operante nel settore del packaging alimentare di carta e cartone, ha usato la flessibilità operativa data dalla Lean per cambiare il mix produttivo: dalle shopping bags, che hanno avuto una sensibile riduzione durante il lockdown, al packaging per produttori di farine e zucchero che, al contrario, ha avuto un forte aumento.
Pietro Fiorentini S.p.A
Leader nelle soluzioni per la distribuzione e l’utilizzo del gas naturale, ha usato la sua pluriennale esperienza Lean per riconfigurare in modo veloce i layout di fabbrica, in modo da garantire il distanziamento tra gli operatori. Nota a margine: tutte e tre le imprese hanno un chiaro posizionamento strategico che non è stato messo in discussione dal COVID-19.
Usiamo, quindi, questa crisi per imparare un metodo che ci aiuti a riconfigurare la nostra organizzazione e i nostri processi in modo veloce, coinvolgendo le persone, ma senza cambiare la strategia che deve servire come punto di riferimento di lungo periodo per l’intera struttura. Con uno slogan:
il COVID-19, non una rivoluzione di business, ma una rivoluzione di metodo.
Autore: Andrea Furlan, Direttore Scientifico Lean Center CUOA
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