Devono essere dei bravi problem solver e fare bene quattro cose:
Dedicarsi continuamente al proprio sviluppo.
Un manager oggi deve dedicarsi continuamente al proprio sviluppo e quindi aggiornarsi costantemente per rimanere sempre al passo con i tempi.
Questo è più facile a dirsi che a farsi. Considerando che la tecnologia si evolve in maniera esponenziale, legge di Moore, mentre le organizzazioni si sviluppano seguendo una curva logaritmica, legge di Martec, è atteso che il principale rischio per i manager sia quello di rimanere indietro se non ci mettono del proprio per colmare questo gap. Quindi un manager oggi deve essere consapevole che non si è mai arrivati e che bisogna studiare e aggiornarsi costantemente se non si vuol rimanere indietro e quindi fuori dal gioco.
Un manager oggi non deve mai perdere di vista due caratteristiche essenziali: la curiosità verso il nuovo e l’umiltà di sapere di non sapere, come diceva Socrate. Solo la continua voglia del nuovo e la consapevolezza di aver sempre qualcosa da imparare riusciranno a guidarlo verso il successo.
Fare coaching per far crescere le proprie persone.
Tra tutte e quattro le cose che deve fare un manager oggi, non so se questa è la più importante ma sicuramente è chiave per il successo sia del manager che dell’organizzazione in cui opera.
Il coaching, introdotto come disciplina strutturata da Whitmore negli anni 60, è sicuramente una delle competenze indispensabili nell’armamentario di un manager moderno.
Oggi non basta essere dei bravi problem solver, ma quello che conta, forse anche di più, è la capacità di far in modo che i propri collaboratori diventino dei bravi problem solver, perché i grandi risultati si ottengono non da soli ma attraverso le proprie persone.
Essere un bravo coach vuol dire non solo conoscere gli strumenti del coaching, ossia saper ascoltare attivamente, saper porre domande potenti, dare i task giusti e feedback stimolanti e oggettivi quando serve, ma è qualcosa di più è una propensione a vivere e identificare il proprio successo nel successo delle altre persone.
Un grande coach non ha bisogno di dimostrare a nessuno quanto è bravo lui, ma vive e gioisce dei successi dei suoi collaboratori e del fatto che sono talmente cresciuti che per alcuni aspetti sono diventati più bravi di lui.
Non è sufficiente “insegnare” il problem solving, questa è solo la base da cui partire, ma bisogna anche dare costantemente l’esempio vivendo i problemi insieme ai propri collaboratori ed essere al loro fianco per cercare di aiutarli a risolverli, non tanto dandogli le soluzioni, quanto aiutandoli a trovarle da soli attraverso il coaching appunto.
Il fine ultimo di un bravo coach è riuscire a tirare fuori il massimo del potenziale dai propri collaboratori, non cadendo mai nell’errore di confrontare gli uni con gli altri, ma cercando di confrontarli continuamente con loro stessi e il loro progredire nel tempo.
Mettere in atto il miglioramento continuo giornaliero.
Sia la Lean che l’Agile hanno come pilastro alla base delle due metodologie il miglioramento continuo, tuttavia un bravo manager oggi non deve solo predicarlo, ma deve metterlo in atto e viverlo giorno dopo giorno accanto ai propri collaboratori, essendo per loro un vero esempio.
L’obiettivo non è risolvere i problemi al posto loro, ma piuttosto conoscerli, toccarli con mano e viverli insieme a loro, in modo che i collaboratori sappiano che il proprio capo è al corrente di quello di cui stiamo parlando e non solo se lo immagina.
Quindi un buon manager deve essere un cercatore di problemi e deve esortare i propri collaboratori a tirali fuori, a identificare le cause e a proporre soluzioni per risolverli.
La cultura che si deve instaurare in azienda è che l’errore non è una colpa, ma è un’opportunità di miglioramento. Un buon manager oggi deve insegnare ai propri collaboratori che i problemi non vanno nascosti, ma vanno fatti emergere, analizzati, cercando di capirne le cause prima e le soluzioni poi e misurandone infine la reale efficacia. Questi concetti, che si ritrovano sia nel PDCA della Lean che nella “retrospective” dello scrum, per gli addetti ai lavori, devono essere parte integrante della cultura aziendale.
Creare una visione e allineare gli obiettivi.
Un buon manager, o se preferite un buon leader, oltre che fare bene le tre cose descritte sopra, deve anche essere in grado di creare, nel proprio team o comunque nell’intera organizzazione una visione che consenta di fornire a tutte le persone e al loro lavoro una chiara direzione.
La direzione, la stella polare o il “true north” di un’azienda è fondamentale perché una volta definito, permette a tutti di sapere bene la direzione seguire. In genere il “true north” deve essere qualcosa che non si può mai raggiungere completamente, ma a cui si deve tendere.
Se la visione, e quindi il “true north”, è fondamentale per dare la direzione, è vero anche che questo non basta, è necessario definire anche una strategia, ossia indicare alle persone come possono raggiungere o comunque navigare verso il “true noth”.
Una buona strategia per essere definita tale deve soddisfare tre aspetti:
- Deve essere valutata attrattiva e vincente dai clienti
- Deve far sentire i collaboratori di far parte di qualcosa di più grande
- Deve essere sostenibile nel lungo termine
Definito il “true noth” e la strategia per arrivarci, non resta che declinare gli obiettivi per le singole funzioni e assicurarsi che ciascuno sappia come può contribuire e quali ostacoli dovrà affrontare per aggiungerli.
Autore: Marco Baldini, SPARK Innovation Catalysts, Faculty Member CUOS Lean Center
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