Intervista a Michela Tedesco, Partner YourCFO e Partner Temporary Manager Leading Network
La fase di rilancio aziendale rappresenta un momento delicato della vita aziendale e richiede competenze specialistiche per gestire e superare situazioni simili. In tali contesti, che si caratterizzano inevitabilmente anche per tensioni finanziarie e negoziazioni complesse con il sistema bancario, è cruciale il ruolo del CFO. Per approfondire il tema e capire i diversi risvolti che si possono presentare nelle fasi di “turnaround” aziendale ne abbiamo discusso con Michela Tedesco, Partner YourCFO e Partner Temporary Manager Leading Network.
Quale può essere il ruolo del CFO in momenti di crisi aziendale? Quali sono le leve su cui può mediamente agire per garantire la tenuta finanziaria dell’azienda e la continuità del business?
La parola d’ordine è tempestività. Tempestività nella gestione di informazioni, nella definizione del piano di risanamento e rilancio e delle azioni conseguenti, perché la velocità nell’intervento è funzionale a una maggiore possibilità di successo.
È importante innanzitutto capire il contesto in cui si verifica la crisi per identificarne le cause. Queste possono essere endogene oppure esterne all’azienda. La corretta diagnosi consente di identificare le cure più efficaci. La scelta dello strumento giuridico e delle azioni da mettere in campo è riconducibile a criteri di valutazione di convenienza economico-finanziaria.
In ogni caso è fondamentale non sottovalutare l’opzione che la crisi possa anche evolvere in scenari di ulteriore degenerazione, il che rende strategico adottare interventi a un tempo immediati e a più ampio respiro, così da garantirsi più opzioni e maggiori chance di contenimento dei danni.
La tempestività è quindi un fattore di successo. Per rimanere all’attualità, è come adoperare un vaccino in grado ex ante di rendere immuni anche da possibili nuove successive varianti di un virus.
Il piano industriale – nella cui definizione il CFO interpreta un ruolo fondamentale – è lo strumento principe, che compendia tutte le iniziative di cambiamento, permette di individuare il fabbisogno complessivo dell’azienda e ne consente un’efficace comunicazione e condivisione sia verso l’interno che l’esterno.
Il piano va predisposto con una visione a medio periodo, ma risulta altrettanto essenziale identificare azioni rapide che portino a risultati nel breve, individuando le aree primarie per quella che potremmo chiamare “terapia d’urgenza”.
Il CFO è chiamato in prima persona a identificare i potenziali saving, fissare i target e la dimensione del cambiamento per area e funzione aziendale.
Le fasi manageriali di gestione della crisi si possono infatti riepilogare in interventi – in rigoroso ordine sequenziale – di emergenza, recupero e rilancio.
Ristrutturazione non significa solo riduzione di costi o innalzamento dei prezzi di vendita: è invece un percorso che si snoda attraverso l’analisi del posizionamento competitivo, la revisione dei processi e la ridefinizione della struttura finanziaria.
Crisi aziendale è quasi sempre sinonimo di stress finanziario e mancanza di liquidità. Al deterioramento della profittabilità seguono la generazione negativa di cassa e l’aumento del debito. Ciò determina un peggioramento del rating bancario, con un conseguente aumento delle complessità (maggior rigidità) nella gestione del rapporto con gli istituti di credito.
Un tema imprescindibile per scongiurare la crisi è la velocità di recupero del capitale circolante operativo, ovvero il tempo che impiega il ciclo di trasformazione a generare liquidità. Ecco che il CFO deve agire sul circolante (magazzino, clienti, fornitori) per liberare cassa, identificando le migliori modalità di incasso, pagamento e scorta minima.
Un’altra leva per creare liquidità è liberare asset non più utilizzabili.
Come un CFO dovrebbe gestire il rapporto con le banche nelle situazioni di tensione finanziaria? Quali sono gli elementi cardine nella comunicazione finanziaria con il sistema bancario e/o con altri attori (es. fondi, ecc…)?
Di regola, ma a maggior ragione in momenti di crisi, la metodologia più appropriata per una corretta gestione del rapporto con il sistema bancario non può prescindere da bilanci realistici, cash flow costantemente aggiornati e da una corretta gestione dell’operatività bancaria. Per bilanci realistici intendo la corretta redazione di documenti non “contaminati” da valutazioni opportunistiche e contingenti che non risulterebbero di grande aiuto (ad esempio valutazioni dei crediti, valorizzazione delle rimanenze, fatture da emettere o da ricevere).
Riguardo l’operatività bancaria, assolutamente inopportune e controproducenti appaiono eventuali operazioni improprie finalizzate ad ampliare il valore finanziabile (medesime fatture anticipate in più banche, ma pure emissioni di riba non supportate da fatture). Sono prassi da evitare sia in primis per gli effetti di natura penale che per il rischio di compromettere il rapporto di fiducia con il ceto bancario.
Quali azioni può mettere in atto preventivamente un’azienda, con il contributo attivo del CFO, per prevenire (o gestire al meglio) eventuali situazioni di difficoltà? Azioni in termini di piani di business continuity, mappature dei rischi e di implementare modelli di risk assessment, ecc..
Da un lato è basilare l’istituzione di un assetto gestionale e contabile trasparente, veritiero, prudenziale e coerente; dall’altro lato non si può prescindere dalla capacità del CFO e delle figure apicali di riconoscere gli indici della crisi il prima possibile – in anticipo rispetto alle successive risultanze della contabilità o del bilancio – captando l’approssimarsi di tutti quei fattori altrimenti destinati a condurre al dissesto.
A una contabilità ordinata, veritiera e prudenziale già di per sé lungimirante è dunque auspicabile siano strutturalmente abbinate funzioni di vertice capaci di visione strategica.
Altrettanta importanza assume un’adeguata impostazione del sistema di controllo di gestione. In un contesto di progressiva riduzione dei margini, di ridimensionamento dei volumi, di crescenti tensioni finanziarie risulta fondamentale comprendere velocemente cosa stia succedendo in azienda: dove stiamo generando margine e dove invece perdendo; dove si colloca il punto di pareggio; quali saranno i flussi finanziari dei prossimi mesi e l’effettivo ritorno dei nostri investimenti.
La redazione del budget annuale dettagliato e del business plan triennale (ma aggiornato annualmente in modo costante) risulta fondamentale per una corretta gestione, non solo in tempo di crisi, ma durante ogni fase della vita di un’azienda.
Serve una reportistica con comparazione di dati nel tempo mediante appositi indici finalizzati a stabilire il grado di solidità patrimoniale, liquidità aziendale, redditività d’impresa, ed occorrono pure indicatori di performance per monitorare il business.
Vanno altresì attentamente ponderati rischi quali il credito e la frode, così come quelli operativi, ambientali e legali che possono condizionare in modo serio la normale conduzione dell’azienda e purtroppo a volte portarla a subire conseguenze molto gravi se non gestiti preventivamente. La mappatura e la definizione di un piano dei rischi (con le relative coperture assicurative) richiedono un attento presidio da parte del CFO.
È parimenti opportuno parlare di gestione digitale per la dematerializzazione dei documenti e la digitalizzazione dei processi.
Il CFO è forza trainante del cambiamento aziendale per implementare strumenti di controllo evoluti e tecnologie che migliorino l’efficienza dei processi. Il tutto anche per liberare le risorse umane da attività a basso valore aggiunto.
Quali sono le competenze indispensabili per un CFO (sia a livello di conoscenze tecniche che di soft skills) per gestire con successo un processo di turnaround?
La realizzazione di un piano di turnaround è un’operazione complessa e tocca normalmente una pluralità di aspetti aziendali e di attori, la gestione dei quali è particolarmente delicata. Le competenze tecniche appena elencate rappresentano un requisito indispensabile per un CFO ma le soft skill sono altrettanto importanti. In situazioni di crisi, la questione dei rapporti con gli enti terzi diventa tema principale e strategico.
Con il deteriorarsi della situazione economica e finanziaria comincia infatti ad incrinarsi la fiducia nei confronti dell’azienda, con più o meno pesanti ripercussioni sull’operatività quotidiana che possono purtroppo degenerare in fenomeni più destabilizzanti: dalla richiesta di rientro delle banche al blocco delle consegne da parte dei fornitori, fino all’abbandono dell’azienda da parte di importanti figure di dipendenti. Quindi è importante riuscire a conservare la fiducia di clienti, creditori e collaboratori mediante capacità negoziali e trasparente disponibilità al dialogo.
Risolvere una crisi comporta scelte che l’imprenditore in prima battuta non sempre e non subito comprende o trova difficili da accettare. Anche in queste delicate circostanze l’abilità nella gestione dei conflitti risulta pertanto determinante.
Nel caso in cui la soluzione della crisi passi attraverso un piano di risanamento (ex art. 67 L.F.) o un accordo di ristrutturazione (ex art. 182 bis L.F.), la figura del CFO si innesta con altri profili esterni quali l’advisor legale e l’asseveratore. Risulta quindi vincente la capacità di lavorare in team.
Anche la comunicazione riveste un ruolo centrale nella gestione della crisi nella prospettiva di far meglio accettare e sostenere un processo riorganizzativo. Indicare gli interventi in corso e illustrare gli obiettivi e le azioni chiave da attuare costituiscono i presupposti imprescindibili per governare un processo di turnaround.
Non da ultimo, per gestire efficacemente un processo di turnaround è necessario possedere alcuni specifici tratti caratteriali: determinazione, capacità di gestire tanto l’emergenza quanto lo stress, solidità di principi e chiarezza di obiettivi. Affrontare una ristrutturazione può divenire spesso opportunità di cambiamento culturale.