Le PMI sono spesso fucine di innovazione e laboratori di esperienze d’avanguardia. Zordan 1965, azienda Club Member CUOA di Valdagno che da 50 anni si occupa di lavorazione del legno, ne è un esempio tangibile.
La società è certificata B-corp dal 2016, ha adottato una strategia di sostenibilità che ispira tutte le scelte aziendali e mira ad essere Carbon Neutral nel 2030, ha un sistema di governance basato dal 2013 su un Trust che guarda già al futuro passaggio generazionale, conta su un CDA che integra esperti esterni all’azienda che apportano esperienze e visione, investe nell’espansione all’estero attraverso il presidio diretto di un mercato strategico come gli USA.
Gli ingredienti per una storia di successo nella trasformazione da azienda familiare ad azienda a vocazione internazionale sono tutti presenti. Fondata nel 1965 dal padre Attilio nel perimetro dell’abitazione, l’organizzazione è oggi guidata dai tre figli, Maurizio, Marta ed Alfredo, che in un momento di difficoltà nel 2008 hanno stretto un’alleanza autentica e sfidante, quella di pensare in grande lo sviluppo della propria azienda partendo da un punto fondamentale: la presenza della famiglia ha un senso se porta valore.
Incontro Alfredo Zordan, socio e direttore commerciale della società, che mi racconta con il suo team marketing le evoluzioni e le sfide che l’azienda – 20 milioni di fatturato, 50 persone in Italia e 30 negli Stati Uniti – sta affrontando.
“Alfredo, nel 2008 avete affrontato un passaggio generazionale cruciale, raccontate spesso di una crisi di governance che vi ha portato a scelte dirompenti, come siete riusciti a trovare una exit strategy” che desse un futuro alla società?
“Ci hanno aiutato le nostre competenze manageriali e la capacità di leggere la situazione non solo come momento di difficoltà ma nella portata del cambiamento. Abbiamo rilevato l’azienda in condizioni sfavorevoli, noi tre fratelli avevano inizialmente un terzo della proprietà, il resto apparteneva ad altri due rami della famiglia. Siamo riusciti a rilevare il business e a trovare la via con un approccio manageriale, anche se tutto questo ci ha segnato dal punto di vista dei rapporti personali con il resto della famiglia. Il punto fondamentale da cui siamo partiti è quello meritocratico, i soci devono essere remunerati per il valore che portano in azienda ed un approccio meritocratico non è compatibile con una gestione familiare quando ci sia solo un tema di appartenenza”.
E continua: “non vogliamo che i nostri figli possano un giorno trovarsi nella stessa situazione, per cui nel 2013 abbiamo creato un Trust a cui abbiamo affidato la proprietà dell’azienda definendo regole di funzionamento anche per gli ingressi futuri. E le dirò di più. Crediamo che l’azienda con tutte le sue persone sia la Famiglia, e questa deve imparare a navigare con le proprie gambe”.
“Alfredo, una delle parole che usate spesso parlando delle vostre origini è “il saper fare”, l’intelligenza manuale: in che termini può essere un valore distintivo in un mercato sempre più esigente e globale?
“L’artigianalità e la manualità di un’azienda italiana sono scontate, fare il prodotto significa avere abilità ma non siamo gli unici ad offrirla, ciò che differenzia oggi è l’eccellenza del servizio. Il cliente premia il servizio e la gestione puntuale del progetto ed in questo senso siamo molto stimolati dalle certificazioni e dalla necessità di formarci per un miglioramento continuo”.
“Alfredo, il 45% del vostro fatturato è generato in USA, il servizio ha fatto la differenza?”
“Certamente, oltre alla produzione ed installazione nel paese attraverso la nostra società Woodways in Michigan (distretto del legno), abbiamo un team after-sales in loco che copre tutto il territorio e lavora nella stessa time zone, questo consolida la fiducia e ci rende più forti dei competitor; i nostri sono clienti fidelizzati come Bulgari con cui lavoriamo da 20 anni”.
E parlando di culture che si incontrano, aggiunge: “ con la nostra società americana Woodways abbiamo voluto condividere molti momenti, formativi ma non solo. Abbiamo portato maestranze in Italia per trasferire alcune competenze, ad esempio la verniciatura a lucido che Woodways non conosceva. Ma non solo. Abbiamo cercato di consolidare il rapporto contaminandolo positivamente con il senso di appartenenza al gruppo portando persone in Italia per farci conoscere attraverso il design italiano al Salone del Mobile ed il nostro territorio. In Usa, oltre all’allestimento di negozi di brand del lusso, ci occupiamo anche di arredi per la casa con il gusto italiano”.
“Alfredo, a proposito dei grandi brand che servite -Ferragamo, Fendi, Bulgari, Van Cleef & Arpels, Karl Lagerfeld – si sta parlando dell’evoluzione del lusso che cerca un’anima più valoriale ed etica, meno legata all’essere unicamente esclusivo. Cosa ne pensa?”.
“Vi è un’urgenza di cambiamento nel lusso, unire il prodotto artigianale con la sostenibilità è oggi imprenscindibile. I marchi vogliono creare una forte reputazione in tal senso, non è più lusso solo perché costa molto ma ci devono essere dietro i valori. Faccio l’esempio della certificazione ambientale degli edifici nota come LEED: oggi alcuni di questi negozi cominciano ad esporre la classificazione “sostenibile” Leed del loro spazio all’entrata e noi portiamo una parte dei crediti normativi in tal senso (es il tipo di vernici e materie prime utilizzate per realizzare il negozio). Poi la nostra azienda porta avanti il “Carbon Management” cioè la misurazione delle emissioni di CO2 nella realizzazione dello shop fitting”.
“Alfredo, mi collego al tema sostenibilità e al suo ruolo nel Design: l’evoluzione green è sentita o resta predominante l’estetica?”
“Molti nel settore parlano attraverso slogan, noi invece andiamo in profondità e come B Corp vogliamo essere sostenibili in tutte le dimensioni. Avendo un prodotto customizzato, adottiamo criteri di sostenibilità misurabili non solo per quanto concerne le materie prime, ma anche nelle pratiche produttive, sociali, di governance aziendale. Per noi la sostenibilità è il motore delle nostre scelte strategiche: nei nostri prodotti certifichiamo il Carbon Footprint attraverso il cosiddetto LCA (Life Cycle Assessment) e nel futuro pensiamo anche al carbon management per l’installazione, ma su questo stiamo lavorando.
“Alfredo, come si sta trasformando il retail di lusso e come entra l’aspetto esperienziale nel design dei brand?”
“Uno dei trend che notiamo è la crescente personalizzazione dell’esperienza di vendita per cui alcuni nostri clienti riservano spazi per un’accoglienza riservata e dedicata al cliente. Negli ultimi negozi di Van Cleef & Arpels a Lisbona ad esempio abbiamo creato una zona bar nel negozio per migliorare tutta l’esperienza dello store, un trend che già è in atto nel fashion con Tommy Bahama”. Continuiamo la conversazione parlando del negozio del futuro come un touch point che mette insieme fisico e virtuale, con i primi esperimenti (Burberry) di camerini virtuali che usano la realtà aumentata o di retail senza casse che permettono l’ordering online prima del checkout all’uscita.
“Alfredo, una delle vostre sfide è anche quella di salvaguardare la vostra artigianalità nell’evoluzione futura sempre più digitale”.
“Stiamo impostando una strategia per preservare il saper fare e tramandare la manifattura attraverso il lancio di una Academy. A Settembre 2021 avremo 12 ragazzi in stage che imparano a lavorare in fabbrica e progettare arredi, ne sceglieremo due da inserire in organico. Noi puntiamo molto sui giovani”.
I prossimi obiettivi dell’azienda vicentina?
Lo sviluppo del canale Horeca e Contract per hotels, la certificazione Carbon Neutral nel 2030 ed una nuova sede aziendale che sarà pronta nel 2023 e che ospiterà un museo per raccontare la straordinaria storia di questa azienda familiare di Valdagno che ha spiccato il volo verso il mercato americano e che ha creduto in un modello di business collaborativo e sostenibile.
Autore: Alessandra Taccon, Ambassador e Alumna MBA Cuoa Business School.