Migliorare l’esistente o esplorare il nuovo? Questa è la domanda a cui le imprese si trovano a spesso a rispondere.
Ecco di seguito alcuni esempi reali di situazioni che le aziende vivono tutti i giorni e che comportano la necessità di fare una scelta tra migliorare ciò che si ha a disposizione o introdurre un cambiamento all’interno della propria organizzazione.
Nello sviluppare un nuovo prodotto, dobbiamo fare leva sulla piattaforma tecnologica esistente oppure inserire una nuova tecnologia non compatibile con la nostra attuale, ma potenzialmente più performante?
Per aumentare la produttività delle nostre fabbriche, dobbiamo migliorare i processi esistenti o introdurre nuove tecnologie guidate da algoritmi di intelligenza artificiale?
Per aumentare l’efficienza e robustezza delle nostre filiere dobbiamo lavorare con i nostri attuali fornitori o esplorare nuove fonti di fornitura e ridisegnare, anche geograficamente, le nostre supply chain?
Dobbiamo investire nel modello di business attuale cercando di migliorare e battere i concorrenti o esplorare nuovi modi di creare valore o addirittura nuove strategie?
E la lista potrebbe continuare.
La risposta a queste domande è… DIPENDE.
Dipende dal contesto che l’impresa si trova ad affrontare. Per capire il contesto e le possibili risposte è utile usare il Cynefin Framework introdotto da David Snowden e Mary Boone nel 2007 in un, ormai molto citato, articolo di Harvard Business Review dal titolo “A leaders’ framework for Decision Making”.
In situazioni in cui i problemi sono definiti, facilmente identificabili o catalogabili e le risposte a questi problemi conosciute è meglio adottare il primo approccio: migliorare l’esistente.
In situazioni “complesse” in cui gli stessi problemi che dobbiamo fronteggiare non si conoscono (unknown unknowns), e quindi è impossibile una loro definizione, l’incertezza è profonda: non si conoscono le distribuzioni di probabilità degli eventi, non si conoscono le relazioni di causa-effetto e le possibili risposte ancora non esistono. In questi casi, è preferibile adottare un approccio “probe-sense-respond” basato sulla sperimentazione e l’esplorazione del nuovo.
La capacità del leader è quindi, in primo luogo, capire le caratteristiche del contesto decisionale per evitare:
– una risposta eccessiva, cioè esplorare il nuovo in contesti semplici o complicati, in cui i problemi sono definiti e richiedono un miglioramento dell’esistente
– o troppo timida, cioè migliorare l’esistente quando il contesto richiede innovazione e adattamento.
Il Lean management si adatta molto bene al primo tipo di contesto.
Il Toyota Way, la quintessenza del lean management, si basa sul miglioramento continuo che ha nel “Genchi Genbutsu” (va e vedi il problema nel genba, il luogo dove il valore è creato), accoppiato al Kaizen (cerca di migliorare continuamente i processi e il sistema di delivery del valore) la sua struttura portante. I problemi tipicamente affrontati con il lean management sono conosciuti, analizzabili e la sperimentazione porta a trovare la contromisura migliore e a standardizzarla (ciclo PDCA).
Viceversa, l’Agile management (inteso come approccio strategico/organizzativo e non come strumento di project management) è nato proprio per fare fronte a situazioni che avvengono in contesti complessi dove non è possibile iniziare con l’analisi (il Plan del ciclo del PDCA), in quanto non si conosce nemmeno il problema da affrontare. Si hanno solo dei “segnali deboli” che sono i primi sintomi del cambiamento, ma non si sa ancora come la situazione cambierà e in che direzione.
La prima cosa da fare è, quindi, sapere cogliere questi segnali deboli per poi iniziare, al più presto, la sperimentazione “lanciando” sul mercato delle soluzioni e apprendendo in modo adattivo dai feedback dei clienti, dei dipendenti o di altri stakeholders, tramite frequenti interazioni con questi interlocutori.
Aggiungo una terza via per risolvere il dilemma tra migliorare l’esistente o esplorare il nuovo: fare entrambi, ossia migliorare l’esistente ed esplorare il nuovo. Il dilemma diventa paradosso, da un approccio “o … o” si passa a un approccio “sia … sia”. Questa via richiede che le tensioni in azienda non vengano smorzate, ma, anzi che il conflitto tra migliorare ed esplorare (che esiste sempre, almeno in modo latente) sia reso esplicito. Si deve, pertanto, adottare un nuovo mindset di leadership e modelli strategici, organizzativi e comportamentali duali che abbracciano il paradosso anziché respingerlo.
Autore: Andrea Furlan, Direttore scientifico CUOA Lean Center
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