Finanza d'Impresa General Management Imprenditorialità e Governance

Evoluzione normativa e rifondazione bancaria

A cura di Matteo De Poli*

UNA CHIAVE DI LETTURA DEI “DOVERI” E DELLE “RESPONSABILITÀ” NEL NUOVO ASSETTO REGOLAMENTARE DELL’IMPRESA BANCARIA
Il sistema bancario italiano sta attraversando un periodo di vera e propria “rifondazione”, paragonabile solo a quello che seguì all’entrata in vigore della prima direttiva bancaria. Ingresso nell’Unione bancaria, con l’insediamento, già avvenuto, del Meccanismo di Vigilanza Unitaria e il Meccanismo di Risoluzione Unitaria; con la nuova disciplina dell’adeguatezza patrimoniale e la lunga transizione tra Basilea 2 e Basilea 3; con la riforma delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo; questi ora citati sono i principali agenti di questa trasformazione, ma non è possibile sottovalutare, quantomeno per gli effetti indiretti che esse apportano sul sistema, le nuove ed incisive azioni di politica monetaria messe in atto, su più fronti, dalla Banca Centrale Europea.
Questa rifondazione affonda le proprie radici in nuove fonti normative, sia europee sia nazionali, aventi valore di legge. Vi è, poi, il livello della disciplina secondaria, anche in questo caso proveniente tanto da autorità europee, Autorità bancaria Europea e Banca Centrale Europea, come da autorità italiane, Banca d’Italia in primis.
Mai come in questo momento, dunque, il profilo della disciplina giuridica – che, in linea teorica, dovrebbe essere recessivo rispetto a quello dell’azione imprenditoriale – assume un rilievo e una prescrittività di misura così ampia da far talvolta sospettare – peraltro a torto, ad un’analisi più attenta – che l’impresa bancaria abbia perso il suo carattere di libertà, trasformandosi in un veicolo di decisioni orientate non già alla massimizzazione degli interessi dei soci ma ad altri interessi, di rilievo pubblico.
Non ci vuol molto a capire che questa deriva “normativa” è l’effetto di una crisi che non solo è stata violenta come poche ma, anche, che non accenna a dirsi definitivamente alle spalle. La risposta è dunque di tipo precettivo – obblighi, divieti, limiti – e di livello crescente. I margini di autodisciplina – di una disciplina che proviene “dal basso”, dalle best practices dagli accordi interni alle categorie – non è più considerata idonea a gestire le complessità del momento e a prevenire il ripetere di situazioni, quali quelle che sono emerse negli USA nel 2008 e che si sono poi propagate in tutto il resto del mondo economicamente sviluppato.
La prima conclusione che può darsi per acquisita al dibattito è, dunque, che ogni comparto di rilievo dell’impresa bancaria è ora presidiato da una normativa. O, più precisamente, da almeno una normativa. Invero, l’individuazione della regola che deve essere osservata prima di compiere una determinata azione – che è la funzione primaria dell’ordinamento giuridico, rivestendo quella di sanzionare la violazione dei precetti carattere secondario – è un’attività che, nel campo bancario, riveste una particolare complessità. Essa, invero, richiede dapprima l’identificazione della fonte primaria, che può essere di diritto interno oppure di diritto europeo e, in quest’ultimo caso, consistere in un unico testo normativo oppure, come si è visto recentemente, in più di un testo (ad esempio, i requisiti di capitali sono ora distribuiti tra Capital Requirements Regulation, ossia un regolamento, e Capital Requirements Directive, ossia una direttiva. In quest’ultimo caso, come in ogni caso di direttiva comunitaria, occorrerà combinare il testo della direttiva con quello della disciplina di recepimento); in seguito, una ricerca, all’interno del testo, della puntuale regola di condotta. Ricerca che è resa particolarmente complessa a causa dell’ampiezza dei testi normativi, spesso superiore alle cento pagine.
Vi è, poi, la fase di ricerca della normativa secondaria di attuazione cui si aggiunge, spesso, quella relativa alla linee guida interpretative.
Quest’articolata attività sconta, e al contempo esalta, le ordinarie difficoltà del diritto dell’Unione Europea, esasperate nella materia bancaria dalla moltiplicazione delle autorità delegate ad emanare provvedimenti, aventi valore normativo e dalla frequente condivisione dello stesso potere normativo tra due autorità. È questo, ad esempio, il caso di concorrenza tra Autorità Bancaria Europea e Banca Centrale Europea.
Tutto ciò trova ora un nuovo fattore propulsivo nel trasferimento a Banca Centrale Europea del compito di primaria Autorità di vigilanza sul settore bancario, con compiti esclusivi di vigilanza diretta sulle banche più grandi e concorrenti con le autorità nazionali per la vigilanza sulle banche di minor importanza. Questo passaggio al Meccanismo di Vigilanza Unico cambierà, inevitabilmente, processi e condotte che avevano trovato nella dimensione nazionale una propria consuetudine, imponendo anche agli esponenti di queste banche, non solo a quelli delle most significant banks, di rivedere standard comportamentali e comunicativi oramai consolidati nel tempo.
Sotto un diverso angolo visuale, vi è comunque da osservare che la centralità dell’aspetto regolamentare dell’impresa bancaria ha reso diffusa e irreversibile la convinzione che le diverse discipline presenti negli Stati membri dovessero trovare un’armonizzazione che garantisse un level playing field tra imprese concorrenti appartenenti a diversi Stati, sicché si può ora ragionevolmente ritenere in via di definitivo compimento quell’auspicio che, per primo, Padoa Schioppa, ancora negli anni novanta, fece, invocando la nascita di un Codice bancario europeo, che ora prende forma in quel Single Rulebook la cui implementazione è uno dei compiti principali dell’Autorità Bancaria Europea.
Il focus sulla regolamentazione, dunque, non va visto solo come una sottrazione di autonomia ma anche come una forma di riequilibrio nell’agone concorrenziale europeo.
Il piano dei “doveri”, innegabilmente, porta con sé quello delle “responsabilità”. Responsabilità più severe, quali una sorta di “contraltare” di una certa passata disattenzione. E, così, abbiamo in questi ultimi anni assistito a un inasprimento dell’azione della vigilanza e all’inflizione di un gran numero di sanzioni amministrative. È poi aumentato, in modo esponenziale, il numero delle banche sottoposte ad amministrazione straordinaria e l’apertura di queste procedure ha portato con sé, in modo quasi meccanico, l’avvio da parte dei Commissari dell’azione di responsabilità contro amministratori, sindaci, direttori generali.
Vi è, infine, la dimensione penale, il cui rilievo cresce in funzione del “rigurgito” pubblicistico di cui si è fatto poco fa cenno.
Il CUOA intende accompagnare le figure che operano all’interno dell’impresa bancaria – amministratori, sindaci o altri organi di controllo, componenti della direzione generale in primis, ma anche altri componenti del Sistema di controllo, funzionari legali etc. – e i professionisti che operano a fianco della banca, in questo processo di sensibilizzazione verso la tematica dei doveri e delle responsabilità, attraverso il Progetto “Legal Banking” e, in particolare, i “Seminari sulle nuove forme di vigilanza e responsabilità dell’esponente aziendale di banca” e il “Corso di specializzazione in diritto bancario e finanziario”, quest’ultimo principalmente destinato ad avvocati e dottori commercialisti.
Ma il dialogo che CUOA intende avviare con tutti coloro vivono nel o a fianco dell’impresa bancaria non si vuole limitare al pur centrale tema dei doveri e delle responsabilità. Invero, il rapporto con l’economia reale e i suoi protagonisti, elemento “fondativo” di CUOA Business School, si arricchisce di un ulteriore momento di incontro, il Convegno “Unione Bancaria Europea e rapporto Banca Impresa”, un momento di attenzione e apertura al mondo imprenditoriale ed industriale che guarda alla banca come il fondamentale partner per la propria crescita. Il 7 aprile si siederanno intorno allo stesso tavolo vertici dell’Autorità di vigilanza, di Confindustria, di banche, e, assieme ad accademici, dibatteranno sugli effetti delle riforme bancarie sull’economia reale e sui rapporti tra imprese e sistema creditizio.
Non vi è possibilità di vere riforme senza condivisione; e di condivisione senza conoscenza. Il CUOA vuole essere in prima linea in questo difficile impegno.

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*Avvocato, Professore di Banking Law nella Scuola di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Padova