di Sergio Novello*
Uno dei temi di business più discussi negli ultimi anni è l’impatto della digitalizzazione nella gestione delle nostre aziende, oltre che nella vita di noi individui.
Il primo, più naturale campo di applicazione della digitalizzazione è naturalmente il Marketing. Elementi solidamente fisici quali i “touch point”, i punti di contatto tra azienda e cliente, o l’interazione tra l’Azienda e il suo cliente, reale o potenziale, noto come il “customer journey”, hanno subito uno stravolgimento grazie alle tecnologie digitali.
Il Marketing tradizionale è morto, viva il Marketing, proclama qualcuno.
Macché, diciamo noi. Il Marketing tradizionale non è mai stato così bene e mai ha goduto di tanta importanza da quando la digitalizzazione ne ha esaltato la potenzialità.
L’impatto delle “nuove tecnologie” nella vita quotidiana è un fenomeno al quale ci stiamo abituando, chi con fatica, chi con entusiasmo.
Sono i “millennials”, i nati dopo il 1982 e fino all’inizio del corrente millennio i protagonisti della rivoluzione digitale. Sempre connessi, geneticamente curiosi, programmati per essere infedeli ai brand, questo segmento della nostra popolazione sta cambiando le modalità di interazione tra persone e quindi i modelli di business di oggi e di domani.
Ormai i millennials non sono più cosa del futuro. Avviati verso i “mid-thirties”, anche se non sempre consapevoli del peso della loro età, con la loro fervida immaginazione applicativa sviluppano implementazioni digitali fino a qualche anno fa impensabili. È innovazione! Proclama qualcuno. No, non lo è, ribatte qualcun altro.
Queste nuove tecnologie saranno anche nuove, ma come i millennials non sono più così recenti da non poter tirare alcune conclusioni.
- Non tutto ciò che è digitale è innovazione. Anzi, in molti casi ciò a cui si assiste è a una “traduzione dall’analogico al digitale”. Valore aggiunto in termini di produttività? Zero. Qualche studioso giura che ci siamo solo complicati la vita. Può essere, ma non vi è dubbio che la digitalizzazione del processo porta alla revisione dello stesso e a una definizione nettissima di tutti gli step che lo compongono, con una chiarezza che l’analogico non permette. 99% giusto significa sbagliato.
- La digitalizzazione è efficientamento. Sicuramente sì! Anche la traduzione dall’analogico al digitale, se ben fatta, porta ad efficientamento, almeno in termini di chiarezza operativa.
- La digitalizzazione è fidelizzazione. Certamente sì, se ho la fortuna o la capacità di essere tra i prescelti. Se il mio cliente si fidelizza al portale di qualcun altro, diventa poi assai difficile schiodarlo. Questo apre la questione se il web sia vera democrazia. Si può anche cominciare a pensare che ahimè l’economia digitale sia alquanto oligarchica…. Molto pochi si spartiscono quasi tutto, al popolino le briciole.
- La digitalizzazione è convenienza. Come negarlo?
- La digitalizzazione è conoscenza. Eccoci finalmente, i big data! Ebbene sì, la digitalizzazione porta all’estremo la focalizzazione sul cliente, la “customercentricity”. Certo, devo saper raccogliere i dati, devo saperli elaborare, e poi devo sapere che cosa farci.
Un tempo ero anch’io un giovane direttore marketing. La pubblicità era su TV o su stampa, al massimo la radio…. Si stampavano i cataloghi, un paio di volte all’anno, o magari anche meno…. Le pubblicità duravano anni (ricordate “tutti volere Pinguino De’ Longhi” o “il canal, chi gà sugà il canal?”). Oggi i giovani direttori marketing devono sapere tutto quello che so io, e in più essere data scientist, digital PR, SEO experts, content managers, etc. Che mondo difficile!
Il marketing non solo non è morto, ma è più vivo che mai. La digitalizzazione ci impone nuove sfide e alza la barra delle competenze. Se cavalcate opportunamente, esse offrono grandi opportunità, ma una cosa è certa: non ammettono improvvisazione.
*Presidente e Amministratore Delegato presso Sonepar Italia S.p.A., Faculty CUOA Executive MBA