Il patrimonio storico come strumento strategico al servizio dell’impresa
di Marco Montemaggi*
L’Italia è nota storicamente in tutto il mondo per la produzione del bello e del ben fatto e non è un caso che ancora oggi il “Made in Italy” abbia una forte attrattività in tutto il mondo. I nostri marchi sono spesso rappresentativi di qualità produttiva, alta artigianalità, materiali straordinari e tutti questi elementi sono fondamentali per la nostra riconoscibilità nel mercato estero e anche interno, ma ciò spesso non basta.
In un mercato divenuto globale, dove i brand di tutti i Paesi sono presenti (a portata di click) sul web, nelle fiere, nei principali sistemi di comunicazione, la concorrenza è sempre più accesa sulla qualità del prodotto e sui servizi a esso collegato. Lo hanno compreso ormai da tempo i più importanti marchi del lusso e del life style italiani e internazionali che da sempre accompagnano al valore concreto dei prodotti (come la qualità del processo di fabbricazione e dei materiali) anche una forte identità di marchio.
Un capitale, quest’ultimo, immateriale che contribuisce a differenziare un oggetto da un altro, un marchio da un altro, una storia da un’altra. Infatti, per citare alcuni esempi, quando si parla della Vespa Piaggio, della Vanity Fair di Poltrona Frau o dell’Harry’s Bar di Venezia, giungono alla mente, non solo le qualità intrinseche dei prodotti (o del servizio), ma anche la storia da cui provengono, i fondatori, i fatti che ne hanno costruito il mito, gli “eroi”, le intuizioni geniali, i luoghi eccetera.
La vendita di un prodotto in un mercato mondiale, oggi, non può prescindere anche dalla sua narrazione, dalla capacità che ha avuto di colpire l’immaginazione delle persone, la loro voglia di fare parte di quel mito, di quel racconto.
Storia che possiedono, spesso, molti marchi italiani sebbene non sempre sia utilizzata come uno strumento strategico, ma in alcuni casi solo come una cronologia autocelebrativa.
Heritage Marketing è oggi una delle definizioni più frequentemente impiegate per riferirsi all’uso strategico (a fini di business) del patrimonio storico aziendale.
Una delle prime pubblicazioni in Italia dove è stato usato questo termine e si è descritta tale strategia è stata curata dal sottoscritto, insieme a Fabio Severino (“Heritage Marketing. La storia come vantaggio competitivo”, Franco Angeli, 2007).
Questa disciplina mira, attraverso i suoi principali strumenti rappresentati da Archivi e Musei aziendali, a fare diventare il Corporate Heritage uno strumento a disposizione di molti settori aziendali (marketing, comunicazione, legale, eventi, public relation, press eccetera), rendendo il passato una vera e propria risorsa identificativa.
Una maniera di marcare la propria differenza rispetto ai concorrenti, attraverso la propria corporate history, forse una delle poche risorse che non si può replicare o riprodurre.
Non è un caso, da questo punto di vista, che ormai i più rappresentativi marchi del fashion, del food, dell’automotive o del design, possiedono un Archivio e spesso anche un Museo d’impresa (la sola Associazione Nazionale Museimpresa conta, ad oggi, quasi un centinaio di associati, ma nel nostro Paese ne figurano probabilmente più del doppio).
Il passato, dunque, può diventare uno straordinario strumento di valore aggiunto per tante aziende italiane che vantano una storia (indipendentemente dalle loro dimensioni).
Occorre però gestirlo con un profilo strategico e innovativo perché, come scriveva già Gustav Mahler nel secolo scorso: “la tradizione non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco”.
*Heritage Marketing Manager e Docente